“La chitarra mi ha sempre affascinato, non soltanto per il timbro, ma perché la ritengo uno strumento misterioso, da cui emana un mistero che è comunicabile a pochissime persone.”1
Goffredo Petrassi è stato uno dei maggiori compositori italiani del ventesimo secolo. Conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, ha regalato alla chitarra alcuni brani simbolo del Novecento: Nunc e Suoni Notturni. Ma la sua produzione per la chitarra non si ferma ai lavori solistici, abbracciando anche composizioni di musica da camera di assoluto valore.
Goffredo Petrassi, classe 1904, nasce a Zagarolo ma si trasferisce ben presto a Roma, dove frequenta le Schola Cantorum della Chiesa di San Salvatore in Lauro. La sua passione per la musica lo porterà poi a studiare composizione e organo presso il Conservatorio Santa Cecilia, diplomandosi rispettivamente nel 1932 e nel 1933.
Nel catalogo di Petrassi si contano più di novanta composizioni tra musica orchestrale (da ricordare la serie degli Otto Concerti per Orchestra), musica corale, musica da camera, musica per strumenti soli, opere, balletti e anche musica da film.
Per capire al meglio la sua musica per chitarra è necessario rintracciare le tappe più importanti della sua produzione. La prima composizione che gli conferì notorietà internazionale fu la Partita per orchestra, composta dal giovane Petrassi nell’estate del 1932. Alfredo Casella la dirigerà ad Amsterdam nel 1934, in occasione del XI Festival della Società Internazionale di Musica Contemporanea. La forma di questa composizione affonda le sue radici nella musica antica e proprio la ripresa della tradizione musicale scandirà la prima parte della produzione di Petrassi.
I quattro brani che Petrassi indirizzerà alla chitarra appartengono invece a un periodo successivo della sua produzione, in cui il compositore si allontanerà man mano dal neoclassicismo per intraprendere una strada del tutto autonoma. In questa sperimentazione la musica da camera gioca un ruolo essenziale, in quanto permette al compositore di concentrarsi sui singoli strumenti.
«Il passaggio da un prima a un dopo», come afferma lo stesso Petrassi, è segnato dalla prima Serenata (1958) per cinque strumenti, in cui la chitarra però non è ancora contemplata.
Suoni Notturni, composto nel 1959, è il primo brano per chitarra sola di Petrassi. È dedicato «al caro Afro»: si tratta di Afro Libio Basaldella, pittore italiano del secondo dopoguerra tra i maggiori esponenti dell’arte astratta, che fu anche scenografo per alcune delle opere di Petrassi. Occorre qui ricordare che Petrassi fu un copioso collezionista di opere d’arte insieme alla moglie Rosetta Acerbi e che lo stretto rapporto tra musica e arti figurative è stata una delle prerogative del compositore, che fu un intellettuale attento all’arte in tutte le sue forme.
Il brano in questione è la risposta di Petrassi a un quadro che Afro Libio Basaldella gli aveva dedicato, intitolato Notturno, che con naturalezza diventa per il compositore Suoni Notturni.
L’occasione per comporre un’opera per chitarra venne data dall’Editore Ricordi, che proponeva di pubblicare un volume di musica contemporanea. Nascerà così la ben conosciuta «Antologia per chitarra» (1961), in cui oltre a Suoni Notturni figurano anche brani di Auric, Guarnieri, Ghedini, Malipiero, Poulenc, Rodrigo, Sauguet e Surinach.
Il critico Mario Bortolotto parlò del brano come «un ripensamento dello studio classico (Tarrega o Sor)»2 , in cui le tecniche utilizzate diventano il motore della composizione. Il brano presenta però una forma autonoma, in cui i timbri e le agogiche sono predominanti:
Per scrivere il primo pezzo per chitarra, me ne sono dovuto occupare, non al punto di suonarla io stesso, perché non avevo la pazienza necessaria per studiarla, ma occupandomi a vedere la musica scritta per chitarra: che cosa era stato scritto, e soprattutto, poi, non tanto tecnicamente quanto timbricamente.3
Il timbro diventa quindi uno snodo essenziale della concezione dello strumento, come sarà testimoniato anche dai successivi brani.
L’accostamento di timbri diversi si moltiplica nella Seconda Serenata-Trio, i cui protagonisti sono tre strumenti a corde pizzicate: arpa, chitarra e mandolino. La scelta di questo organico verrà ripresa più avanti per il brano Carillon, Récitatif, Masque del 1974 da Hans Werner Henze, altro autore del Novecento estremamente legato alla chitarra.
Ancora una volta Petrassi si dimostra all’avanguardia sia nella materia musicale, che si avvicina a una sorta di astrattismo in musica, sia per la scelta dell’organico. Questi tre strumenti dialogano insieme seguendo le specifiche tecniche idiomatiche, unite alla ricerca di nuovi timbri. Ma, come dice il critico Massimo Mila, «la fantasia strumentale di Petrassi non si esaurisce nella dimensione timbrica […] ma sostanzia l’invenzione di vocaboli, anzi, di concrete figure musicali».4
Ormai non è più possibile parlare di temi veri e propri, di melodie o ritmi riconoscibili che donano al brano un’unità: queste nuove «figure» non sottostanno alle regole musicali a cui gli ascoltatori sono abituati, ma creano nuovi paradigmi.
Quasi dieci anni dopo l’esperienza della Seconda Serenata-Trio, Petrassi ritorna alla chitarra. È il 1971 quando compone il suo secondo e ultimo brano per chitarra sola, dal titolo Nunc. Dedicato alla sua compagna di vita, Rosetta Acerbi, fu eseguito per la prima volta da Mario Gangi in occasione del Festival di Musica Contemporanea di Venezia. Vengono usate le stesse tecniche strumentali del primo brano Suoni Notturni ma, come dice lo stesso Petrassi, la novità sta nell’uso della percussione. Ne vengono individuati due tipi, una è la tambora sulla tavola armonica e l’altro è il cosiddetto “pizzicato Bartok”. Per comprendere al meglio il rapporto di Petrassi con la chitarra è interessante leggere le parole stesse del compositore nell’intervista a cura di Ruggero Chiesa, pubblicata nel 1972 sulla rivista «Il Fronimo».5 Petrassi confessò che la chitarra lo aveva sempre affascinato e raccontò di aver studiato come comporre per chitarra leggendo il «Grande Trattato di Strumentazione» di Hector Berlioz. Non imparò mai a suonarla, ma si fece aiutare dal Maestro Mario Gangi, a cui chiese consigli per i due brani solistici. Petrassi riconosce la difficoltà di comporre per chitarra e invita gli esecutori a ricercare nuove possibilità timbriche per ampliare la tavolozza dei suoni:
È difficile che il compositore possa arrivare al di là di certe combinazioni, mentre questo può avvenire da parte dell’esecutore, il quale può scoprire cose diverse.6
Tra le virtù che il compositore riconosce allo strumento c’è anche la sua intimità e paragona il suonare la chitarra classica al «colloquiare con una persona». Il volume delicato è quindi un valore aggiunto per Petrassi, che non apprezza il timbro della chitarra elettrica, definito «detestabile».
All’intimità e al timbro si unisce anche il mistero, che secondo il compositore è uno degli aspetti più interessanti dello strumento: questi tre elementi, uniti tra loro, conferiscono alla chitarra il suo particolare fascino.
l’autorizzazione.
Nel 1977 si conclude l’esperienza del compositore con la chitarra. La musica da camera ha svolto un ruolo centrale nella definizione dello stile di Petrassi e la sua avventura non poteva non concludersi che con un brano di musica d’insieme.
Alias, per chitarra e clavicembalo, risponde alla stessa logica timbrica della precedente Seconda Serenata-Trio. Vengono contrapposti e fatti dialogare due strumenti con storie molto diverse, ma accomunati dal suono delle corde pizzicate. Il titolo spiega egregiamente il concetto dietro alla composizione: “alias” dal latino significa “altrimenti”, “in altre parole”, “ovvero”.
Leggendo la corrispondenza di Petrassi, conservata in parte presso il Fondo Petrassi del Campus Internazionale di Musica di Latina e in parte presso la Fondazione Paul Sacher di Basilea, è possibile entrare nella mentalità del compositore e capire meglio la sua concezione della musica da camera. In una lettera del 1978 indirizzata al critico Massimo Mila, il compositore scriveva:
Verso novembre dovrebbe uscire un disco con i due pezzi per chitarra, la seconda serenata-trio [chitarra- mandolino- arpa] e un nuovo pezzo terminato in questi giorni ALIAS per chitarra e clavicembalo. Ho giurato in cuor mio di piantarla con questi due strumenti. Con la musica da camera in genere, e impegnarmi in qualcosa di serio. 7
Nonostante questa testimonianza, i lavori di Petrassi continuano a far riflettere sulle possibilità del nostro strumento e a sfidare i chitarristi di oggi.
Anche se la musica da camera è stata uno snodo essenziale della sua nuova concezione musicale, Petrassi confessa di apprezzare maggiormente i suoi lavori per orchestra e coro e di considerarli di maggior impegno e valore. Nonostante ciò, pochi sono stati i compositori che hanno sperimentato così tanto nella ricerca del timbro degli strumenti a corde pizzicate e Petrassi rappresenta un punto fermo nello sviluppo della musica da camera con chitarra.
Uscito originariamente su Guitart n.110
- 1. «Il Fronimo», numero 1, Ottobre 1972. ↩︎
- 2. M. Bortolotto, Il Cammino di Goffredo Petrassi, «Quaderni della Rassegna Musicale», I, Torino, 1964. ↩︎
- 3. L. Lombardi, Conversazioni con Petrassi, Suvini Zerboni, Milano, 1980. ↩︎
- 4. M. Mila, Goffredo Petrassi, «DEUMM», 1986, p. 671. ↩︎
- 5. «Il Fronimo», numero 1, Ottobre 1972. ↩︎
- 6. Ibidem. ↩︎
- 7. Lettera di Goffredo Petrassi a Massimo Mila, 28 marzo 1978, conservata presso Paul Sacher Stiftung di Basilea. ↩︎