
L’ARMONIA LETTA NELL’ACQUA
Come lo stesso compositore sostiene, nonostante la sua musica beva dalle acque del flamenco, essa anche si assegna, nelle parole di Ordoñez Eslava, «benché non in un grado assoluto sul fatto che non determina in maniera
decisiva il materiale compositivo, a qualche processo della scuola spettrale francese».1 Sotelo trova il punto in comune (o di partenza) per mescolare le acque della tradizione flamenca e dello spettralismo di avanguardia nell’«analisi spettrale delle voci dei cantes antichi del flamenco, soprattutto nelle forme della Toná e il Martinete»2 che, come egli segnala, sono «due delle più ‘d’annate’ e intense forme del cante hondo».3 Questo lavoro di ibridazione sonora, di abbinamento fra musiche a prima vista lontane, ha svolto un ruolo determi-nante nella maturazione dell’oceano sonoro di Sotelo, la cui musica ha persino ricevuto il nome di ‘flamenco spettrale’.4 Germán Gan Quesada situa le radici di questo ‘flamenco spettrale’ nella «linea silente ed elettroacustica di Cage e Stockhausen e nell’IRCAM alla luce di Saariaho, Lindberg o Benjamin»,5 sotto-lineando l’uso che fa il compositore madrileno di svariati «mezzi nel processo di registrazione ed analisi dell’onda sonora»6 come uno dei passi decisivi nel suo processo compositivo. Tuttavia, dobbiamo tenere conto che il rapporto di Sotelo con il flamenco o lo spettralismo si produce dalla «coltivazione sistematica dell’impurità»,7 impurità che egli difende apertamente:
Non mi interessa il folclore della cultura purista, come ci è stato trasmesso nella maggior parte della tradizione. Ho preso da esso le salde regole ritmiche e le scale di microtoni, che possono essere tratte dal flamenco e portate ad altri determinati mondi affettivi.8
In questo modo, Sotelo utilizza ciò di cui ha bisogno, servendosi sia del flamenco sia dello spettralismo, senza essere uno ‘schiavo’ delle regole che li hanno originati, ma assimilandoli, fermentandoli, fino a secernere il materiale che costituisce la sua propria musica.
Nel caso che ci riguarda, anche se l’armonia di Audéeis passa attraverso diverse acque o ‘stati’ –arrivando persino al punto di evaporare (o come direbbe Sotelo pietrificarsi9 ) nella sezione ritmica centrale per poi emanare di nuovo più avanti–, si può osservare il predominio dello spettro di ‘re’ insieme a quello della domi-nante ‘la’ fatto che fornisce all’opera una certa coerenza armonica.10
Verso la sua fine, però, il centro armonico sembra spostarsi stabilizzandosi su un pedale più o meno continuo di ‘sib’,11 che potrebbe giustificarsi come una possibile relazione mediantica con ‘re’ (‘agendo’ come il suo VI grado). Tuttavia, la sonorità dell’intervallo di quinta –sia giusta, diminuita o in inversione come quarta– sembra impregnare la totalità delle acque di Audéeis, contribuendo alla coerenza accennata.
Nell’inizio «informe» dove il suono di soffio del quartetto (senza altezze definite) è il protagonista –«il fruscio marino»–, Sotelo lascia già intravedere qualche armonico sottile dello spettro di ‘re’ e ‘la’, insieme a un multifonico di violoncello (sulla seconda corda) che arricchisce il fragile contesto spettrale di ‘re’.
Successivamente, quando inizia «l’onda lunga» (Wellenartig) di scale microtonali ascendenti,12 scale di biscrome che si giustappongono e sovrappongono presentando diversi livelli di saturazione, la nota di partenza utilizzata è ‘re’ (violini/viola: p. 2, b. 14). Ciò nonostante, queste liquide successioni di note microtonali che si filtrano velocemente cominciano a polarizzare i loro inizi e perciò le loro aree di azione. Così si ‘conquistano’ altre altezze ‘di partenza’ che si sommano al ‘re’ centrale, altezze in questo caso più vicine al flamenco che a necessità spettrali: ‘re’, ‘mib‘, ‘fa#‘ e ‘la’. Il rapporto con la tradizione flamenca della seconda aumentata (mib- fa#) e il semitono (re-mib) utilizzati da Sotelo –qui e in tante occasioni– è segnalata da Ordoñez Eslava quando egli osserva che ambedue gli intervalli –riconoscibili e distintivi– sono «caratteristici della scala modale frigia andalusa».13
Durante tutta la sezione di «onda lunga» microtonale, si possono distinguere tre parti a livello armonico. L’inizio appena accennato con il ‘re’ centrale (p. 2, b. 14) verso la conquista delle altezze polarizzate: ‘mib‘, ‘fa#‘ e ‘la’ (p. 3, b. 20), un passaggio instabile nel quale ognuno degli strumenti del quartetto utilizza diverse note iniziali: ‘mi’, ‘si’, ‘sol’, ‘re’, ‘la’, ‘do’, ‘fa’, ‘sol’, ecc. (pp. 3-5, bb. 22-33) e finalmente una stabilizzazione14 delle alture polarizzate che sembravano essere state ‘dimenticate’ (pp. 5-8, bb. 38-57). Malgrado l’estrema precisione di altezze microtonali che presenta la scrittura, è necessario prendere in considerazione anche il lavoro timbrico e dinamico che Sotelo applica su queste stesse altezze. Lavoro che a livello globale finisce per sfumarle.15
Dall’altra parte, sebbene questa sezione di ‘onda lunga’ microtonale proviene di una rielaborazione più o meno libera di un passaggio di Chalan,16 è da notare che essa presenta qualche variazione a livello armonico-spettrale. Un esempio concreto si trova verso la fine della sezione nel multifonico del violoncello che cambia da un pezzo all’altro (in entrambi i casi sulla quarta corda): le risultanti ‘sol-sib-lab’ di Chalan17 diventano ‘mi-sol-fa#’ in Audéeis,18 ‘coincidiendo’19 questo ‘fa#’ con l’altezza ‘conquistata’ dal violino primo come nuovo inizio per le sue scale microtonali.
Più avanti, durante tutta la sezione etereofonica che comprende gran parte del pezzo –«l’immaginata voce flamenca» che si materializza nella voce del cantaor– l’armonia funziona come un ‘velo’ o ‘un’ombra’ della melodia cantata da Arcángel, o «immaginata» dal quartetto quando egli non interviene. Come già accennato,20 partendo dalla linea melodica si proiettano riflessi –principalmente– a distanza di ottava bassa, doppia ottava acuta e quinta nel registro sovracuto. Ciò nonostante, in modo analogo a quanto è successo prima con le scale microtonali, il lavoro timbrico e dinamico applicato da Sotelo sfuma di nuovo le altezze trasformando i riflessi in miraggi, in luci ed ombre.21
A livello armonico-orizzontale, oltre alle scale microtonali nelle quali le altezze si succedono accalcandosi quasi come glissandi (articolati), Sotelo ricorre anche a tratti costituiti da quinte (o quarte quando gli intervalli appaiono in inversione).22 Questo intervallo, come accennato prima, tinge le acque dell’opera –anche a livello verticale– essendo il protagonista indiscutibile della penultima sezione. Sebbene questa sonorità di quinta dispiegata in arpeggi ascendenti e discendenti –e in parte spazializzati dall’hochetus– ricorda al concerto per violino di Alban Berg,23 forse rivela ancora più somiglianze –come omaggio– con l’ultimo pezzo scritto da Nono: “Hay que caminar” soñando, composto nel 1989 per due violini.24 A figura 3 si osserva l’impiego che fa Nono delle quinte giuste relative all’accordatura naturale del violino, la presenza di armonici nel registro sovra-cuto e l’uso esaustivo di indicazioni timbriche e dinamiche che, come segnalava proprio Sotelo, consentono di sentire «–oltre alle diverse zone dello spettro armonico più fortemente illuminate che la propria nota fondamentale, che in tanti casi sparisce– perfino piccole variazioni od oscillazioni micro-intervallari».25 In più, il piccolo ‘motivo’26 che diluisce nel ppppp assomiglia parecchio a quelli utilizzati da Sotelo verso la fine di Audéeis.
Le note evidenziate a figura 4 lasciano ‘rintracciare’, sebbene salvando una certa distanza, ciò che potrebbe essere la risonanza frammentata del ‘motivo’ di Nono. Tuttavia, a livello particolare, ognuna delle cellule presentate negli strumenti del quartetto è costituita da quinte, così come questi strumenti si succedono in hochetus rispettando –tranne poche eccezioni– gli intervalli di quinta (anche se talvolta si ‘salta’ qualche passo).27 La freccia discendente che evidenzia le entrate ‘spazializzate’ nel quartetto rivela la successione di quinte che si produce fra il violino secondo e il violoncello: ‘fa#’ ‘si’ ‘mi’. Questa sonorità di quinte è una caratteristica ricorrente della musica di Sotelo. In Audéeis la troviamo anche a livello verticale negli accordi che ricreano la «risonanza di ciò che fu una voce vibrante», cioè, nella Seguiriya finale.
L’accordo che sostiene detta risonanza-pedale è costituito dalle altezze: ‘sib’, ‘fa’, ‘do’, ‘fa#’, ‘do#’ ‘sol#’ (p. 50, b. 486). Tuttavia, a volte appare con qualche variazione o viene interrotto all’intercalare altri accordi che sembrano essere ‘trasposizioni’ di esse, dove le altezze si spostano per movimento parallelo. Si tratta di un accordo importante per il compositore madrileno, un accordo a cui egli faceva già riferimento in una lettera inviata a José Ángel Valente a proposito dell’opera nella quale si trovavano lavorando a quel tempo: «conduce a ciò che io denomino ormai ‘Accordo solare’, una delle colonne strutturali dell’opera».28 L’accordo manoscritto che mandò al poeta nella lettera appena menzionata era costituito dalle note (dal basso all’acuto): ‘mi’ ‘si’ ‘fa#’ ‘do’ ‘sol’ ‘la’ (quest’ultima due 8ve sopra). Come si può notare, questo accordo è praticamente identico, salvando la trasposizione alla quinta diminuita discendente, a quello utilizzato in Audéeis, tranne l’ultima nota. Ciò nonostante, Sotelo si è riferito in altre occasioni a ciò che egli denominò ‘Accordo solare’ specificando altezze i cui intervalli differiscono leggermente dagli illustrati nel 1995.
Ad esempio, quando si riferisce all’armonia di un pezzo più recente terminato nel 2007, Como llora el agua…,29 il compositore madrileno rivelava:
Il processo compositivo nella presente opera cominciava dalla ricerca di una Scordatura (accordatura modificata) che, lontana della sonorità convenzionale, costituisse il centro armonico di tutta la composizione (Do, Sol, re, sol#, si, re#). Cioè, una sorta di asse armonico gravitazionale o ‘Accordo Solare’ dentro un sistema di ‘infiniti soli’ (Giordano Bruno).30
Perciò, possiamo osservare come queste ‘colonne’ di quinte, sebbene leggermente diverse, hanno un significato comune per Sotelo, essendo variazioni del suo ‘Accordo solare’. Sulla funzione che svolge l’armonia nella produzione musicale del compositore madrileno, potrebbe affermarsi che si tratti di una questione principalmente colorista, anche se in alcune occasioni –quando essa viene saturata–31 contribuisce anche alla produzione di tensione.
Questa concezione colorista dell’armonia viene rafforzata dalle sue stesse parole:
Io ho un rapporto sinestesico con la musica da quando ero molto piccolo, e alla fine ho creato un sistema artificiale di colori. Questo mi aiuta in ciò che segnalò Luigi Nono, dimenticare la scrittura nell’atto della composizione e avere una traiettoria mentale più libera.32
Il rapporto fra suono e colore non agisce soltanto sulle altezze con le quali lavora, ma si estende comprendendo anche il silenzio di fronte al quale Sotelo afferma ascoltare/vedere, facendo riferimento alla poesia di Valente, quanto segue:
Suona azzurro celeste [il silenzio] –G, o silente colorazione della nota ‘sol’–. Una lieve vibrazione, di apparente quiete infinita, piena di serena intensità, puntando al possibile, aperto al possibile e ai possibili, in versi di J. A. Valente.33
Questa descrizione viene illustrata ad esempio nella fine di Chalan, nella quale l’ultimo climax orchestrale sfocia nella sezione eterea con cui finisce l’opera. Alla soglia del silenzio, Sotelo impiega l’indicazione «pizz. ‘celeste’» nella parte di violoncelli e contrabbassi, così come ‘celeste’ nella parte ad libitum del solista di percussione (cymbal e bell tree).34
Domenica 27 agosto 2006*
«Un cantaor si caratterizza però per cantare, in un ambito molto limitato, con una voce più ruvida, piena di micro-intervalli, ricca di fioriti arabeschi, – come quelli che si vedono in uno di quei muri dell’Alhambra –. Ed è nell’apparente ‘sporcizia’ della voce, nella ricchezza infinita di sfumature, di gradi di intensità, dove risiede, per me, la potenza espressiva di quelle linee ‘rotte’».35
LE MELODIE LETTE NELL’ACQUA
Le acque di Audéeis passano in numerose occasioni lungo la voce del cantaor circondando, cullando o rispecchiando36 le melodie con le quali egli dà vita ai testi popolari del flamenco e alle poesie di Valente con cui vengono contrap-puntati. Questa idea di ‘dare vita’, di come la vibrazione delle vocali e la ricchezza melismatica del cante aiutano «all’anima della parola» latente nella scrittura, «liberandola dalle consonanti» di pietra,37 trova le sue radici nel canto della tradizione ebraica, tradizione che interessò a Nono e che di conseguenza ha influito anche su Sotelo:38
Ci ricorda il filosofo veneziano [Massimo Cacciari] che una conoscenza approfondita sulla Torah solo si può raggiungere cantandola. La vocale, anima della parola, eleva la parola nel canto al di sopra del corpo della consonante, la libera. Non sarebbe possibile leggere la Torah senza pronunciare questa anima della parola, e questa anima esige essere cantata. Nel canto si rivela l’anima della scrittura. […] E sarebbe attraverso questa dimensione vocalico-musicale per cui il linguaggio umano potrebbe accedere a possedere un riflesso od ombra
della lingua divina (Cacciari, 1985). Questo spazio vocalico sarebbe per Nono lo spazio dell’ascolto e del silenzio, spazio possibile o dominio degli infiniti possibili.39
Le melodie flamenche che utilizza Sotelo in Audéeis e che fanno parte del suo oceano sonoro si caratterizzano per presentare lunghe vocalizzazioni –spazi vocalici– modellate attraverso numerosi o infiniti possibili melismi. Belén Pérez Castillo segnala il vincolo esistente tra il cante flamenco e la memoria nella musica del compositore madrileno, sottolineando la componente plastica che avvolge queste melodie ‘scolpite’ in aria:40
Sotelo propone una riflessione sull’ascolto e la memoria. […] nella voce del cantaor, una nota è come un abisso aperto, e quindi, alla maniera di uno scultore, egli cerca di penetrare nella memoria del cantaor e modellare la sua voce.41
Ciò nonostante, per poter conoscere la tradizione che oggigiorno impregna le acque della sua produzione musicale, per poter modellare la voce ‘abissale’ del cantaor, Sotelo lavorò ed studiò a stretto contatto il cante flamenco, in particolare quello di Enrique Morente, la cui voce è stata ed è decisiva nella maturazione artistica del compositore madrileno. In base alle analisi spettrali che realizzò su questa voce egli fu in grado di apprendere ed incorporare nella propria musica l’«apparente ‘sporcizia’ della voce, la ricchezza infinita di sfumature, di gradi di intensità» nella quale Sotelo trova «la potenza espressiva di quelle linee ‘rotte’».42
Già nel 1995 mentre lavorava alla sua opera con José Ángel Valente, Sotelo segnalava l’importanza di Morente nella sua musica:
Voce interiore che si fa corpo in quella del cantaor Enrique Morente, e che personifica il vincolo tra la più pura tradizione orale, il mito dell’apparizione della scrittura e le arti magiche della memoria. La voce di Morente –registrata in precedenza– tesse un continuum sonoro –elaborato tramite un trattamento informatico– che si estende, nello spazio del Teatro, come un mare micro-intervallare in continuo mutamento; ma non come processo armonico esteso bensì come apertura della qualità sonora in infiniti gradi di intensità, peso e luminosità.43
In Audéeis, il cante di Morente svolge un ruolo fondamentale. Il primo intervento del cantaor presenta una trascrizione fedele della voce di Morente, trascrizione alla quale aderisce il quartetto d’archi con l’eterofonia accennata prima.44 Si tratta della Toná, un cante ‘d’annata’ la cui versione cantata da Morente45 è stata utilizzata da Sotelo in numerose occasioni.46 Di seguito si presenta il primo verso della Toná tratto dalla parte del cantaor e, successivamente, una ‘semplificazione’ della microtonalità melismatica con l’obiettivo di facilitare lo studio delle note sulle quali si fondamenta.
Come si può osservare –nel frammento scelto, ma anche nel resto della Toná citata in Audéeis–, la voce del cantaor riposa sul ‘re’, nota fondamentale del pezzo come si è ormai presentato nel punto relativo all’armonia.47 Lo stesso compositore segnala che la voce del cantaor si «caratterizza per cantare in un ambito molto limitato».48 In questo caso, i numerosi melismi vengono modellati principalmente intorno al ‘re’ e ‘fa/fa#’, costituendo un ricchissimo (infinitamente possibile) ambito micro-tonale nel piccolo spazio di una terza maggiore.
Tuttavia, la voce passa impregnado anche le altezze ‘do# crescente’ (come sensibile di ‘re’) e, nel registro più acuto, ‘sol calante’ (la sottodominante).
Quindi il ridotto ambito di terza si può estendere leggermente fino a comprendere la quinta diminuita (il tritono, precisamente quello della sonorità di dominante di ‘re’: do#-sol). In via eccezionale, appaiono le altezze ‘la’ basso (p. 12, b. 83) e il ‘si’ (p. 17, b. 108), essendo quest’ultima la nota più acuta che utilizza il cantaor durante tutto il pezzo. Questo ‘si’ viene cantato nel culmine della Toná, nel lungo melisma che conclude la parola «viñas» (viti). È
significativa l’indicazione retorica che accompagna qui la dinamica condivisa (rafforzata) dal resto del quartetto: ff valiente.49 Non posso fare a meno di trovare un certo riferimento al cognome del suo stimato poeta Valente, soprattuto quando alcuni studiosi della musica di Sotelo hanno già segnalato in altre occasioni l’utilizzo del cognome ‘Morente’ da parte del compositore come strumento retorico.50 Dall’altra parte, occorre sottolineare l’ambiguità che l’utilizzo di un ambito molto limitato genera nella melodia. La scala che sembra impiegare Sotelo alla Toná è costituita dalle altezze: re mi(mib) fa(fa#) sol la ? do#. Non è fino al punto appena accennato, con l’apparizione del ‘si’ acuto, che possiamo intravedere la scala dorica di ‘re’ sulla quale si costruisce la Toná.51
Ciò nonostante, Sotelo anche enfatizza in occasioni il ‘mib’ e il ‘fa#’ richiamando la seconda aumentata e il semitono (re-mib) caratteristici della scala frigia andalusa.52 È interessante come Sotelo decide di lavorare con una struttura eterofonica (spettrale) sulla melodia della Toná perché, come segnala Ordoñez Eslava, «la toná [è] un palo di tempo libero nel quale, tradizionalmente, è la voce del cantaor l’unica cosa che deve sentirsi».53 In questo modo, la voce di Arcángel è in parte ‘l’unica cosa’ che si ascolta, circondata però dalle luci e le ombre proiettate nell’eterofonia del quartetto d’archi.
All’inizio di Estremecido por el viento,54 il pezzo per violino solo che Sotelo scrisse un anno prima, si può osservare la stessa trascrizione della Toná utilizzata in Audéeis. Nel caso del pezzo per violino, oltre a rispettarsi il carattere monodico della Toná, viene specificato un ritmo ‘alla mente’ che il violinista deve interiorizzare per imprimerlo durante la sua interpretazione. Si tratta nuovamente di un’influenza di Luigi Nono, influenza che come è stato osservato da Kropfinger si trova già in opere precedenti di Sotelo come ad esempio De Magia scritta nel 1995:
Materiale ed atmosfera [del secondo movimento di De Magia55] richiamano alla mente sia il cante andaluso ‘por Bulerías’ sia il pezzo di Nono Contrappunto dialettico alla mente. Si evoca anche un importante motivo sul significato e sul musicale del ‘cam-minare’ come avanzare o trascendere, […] un’allusione sia alla plastica di Alberto Giacometti che a Luigi Nono nel suo pezzo per due violini “Hay que caminar” soñando.56
Perciò, anche se la Toná è «un palo di tempo libero», essa contiene una ritmica implicita che si lascia intravedere attraverso gli accenti e il profilo della melodia, sia per un ritmo ‘alla mente’ suggerito al violinista sia per opera della memoria flamenca del cantaor. La Bulería di Audéeis si differenzia dalla Toná per presen-tare una melodia più sillabica. Nonostante si modellino alcuni melismi nella voce del cantaor, essi si avvicinano più al concetto di neuma.
Come si può osservare (p. 40, b. 365 e ss.), il testo appare in modo più intelligibile, adottando profili più melodici dove predomina l’uso di gradi congiunti (microtonali). Il ‘si’ acuto che appariva alla Toná viene sostituito da un
‘sib’ che sommato all’enfatizzazione della seconda aumentata –generata dall’aumento nell’uso del ‘mib’ e ‘fa#’ riguardo al ‘mi’ e ‘fa’– tinge la Bulería di una sonorità frigia andalusa, che pur essendo stata accennata nella Toná, qui appare in modo più esplicito. Comunque, continua ad utilizzarsi un ambito vocale ridotto che si limita all’intervallo di sesta minore (re-sib).
Alla Seguiriya finale, si opta per una scrittura più ornata che presenta numerose acciaccature (semplici o composte da diverse note sempre microtonali). Da notare come si alterna tra una melodia più acuta centrata su ‘sol#’ e ‘la’ (talvolta anche ‘fal#’), e un’altra centrata su ‘do#’ e ‘re’. Da questo si deduce una relazione di dominante (sensibile di ‘la’ (‘sol#’) e ‘la’) e tonica (sensibile di ‘re’ (‘do#’) e ‘re’). A battuta 496 (p. 52) troviamo la nota più bassa cantata dal cantaor durante tutto il pezzo: un ‘sol#’. In più, anche se le melodie sono abbastanza stabili una volta centrate –sia sul ‘sol#’ acuto che sul ‘do#’ centrale–, nei punti di passaggio l’ambito della voce si estende notevolmente, estendendosi fino all’intervallo di nona minore fra il ‘sol#’ basso e il ‘la’ crescente acuto della battuta successiva.
Un’ultima considerazione, mentre la Toná e la prima parte della Seguiriya57 sono trascrizioni piuttosto fedeli del cante di Enrique Morente, la Bulería sembra appartenere a ciò che Sotelo indica in alcune partiture come ‘parte indipendente’. Ciò nonostante, in questo caso essa appare scritta (o abbozzata) nella sua interezza anche se in un modo meno preciso.58 Come indica Ordoñez Eslava, in queste ‘parti indipendenti’ «il cantaor interpreta il testo come se si trattasse proprio di un testo flamenco»,59 in occasioni nemmeno sono scritte in partitura, e di conseguenza il numero di «casi in cui il cantaor o l’interprete vocale devono eseguire ciò che è scritto è minore».60 Nella registrazione di Audéeis della Biennale di Salisburgo61 può comprovarsi come la linea ‘suggerita’ nella sezione della Bulería non sempre coincide con quella cantata finalmente da Arcángel, essendo prioritaria la libertà del cantaor e la sua memoria che l’accuratezza di una riproduzione invariabile. Nei casi in cui i poemi di Valente vengono utilizzati, Sotelo non ricorre ad una trascrizione o citazione, bensì compone una melodia nuova. Come egli ha spiegato in altre occasioni: «è una nuova, una linea musicale che ricrea e reinventa la qualità drammatica di una canzone tradizionale –con una infinita paletta di microqualità nel suono.»62
Giovedì 22 giugno 2017
«R.P.- Che si deve prendere in considerazione quando si interpreta la musica di Sotelo? Cañizares.- Il ritmo. Come tutta la musica ritmica e così è quella di Sotelo, se non si interpreta con ritmo perde tutta la grazia e il carattere. Per interpretare la sua musica credo che bisogna tener conto proprio questo».63
I RITMI LETTI NELL’ACQUA
Nella ritmica di Audéeis confluiscono le acque delle due tradizioni ormai accennate lungo queste pagine, in particolare i compases64 del flamenco e i bol della musica tradizionale indiana.65 Assimilate dal compositore madrileno, sono state fermentate durante la sua produzione musicale fino a diventar parte del suo fruttifero oceano sonoro. Proprio Sotelo esprime la relazione esistente fra ambedue le tradizioni quando ci ricorda che «una certa vocazione [in Chalan e Night66 ] per ricuperare una struttura ritmica precisa […] si ispira alla tradizione musicale del sud dell’India», puntualizzando che «la tradizione situa qui [al sud dell’India] l’origine del nostro flamenco».67
Iluminada Pérez Frutos ha realizzato uno studio sui ritmi e i palos del flamenco impiegati in Audéeis.68 Prima di commentare a continuazione le ritmiche dei tre palos flamenchi –Toná, Bulería e Seguiriya– che cullano le acque dell’opera-oggetto in esame, bisogna chiarire –prendendo come riferimento la spiegazione che propone Miguel Ángel Berlanga– i tre tipi di pattern ritmici sui quali si fondamenta il flamenco:
compás di tango (binario), compás di fandango (ternario) e compás di amalgama di 12, il compás flamenco con più personalità distintiva. Il compás di amalgama di 12 polsi, ha a sua volta tre modi di farsi: compás di petenera/guajira, compás di soleá e compás di seguiriya.69
Pérez Frutos illustra il compás di amalgama di 12 polsi del gruppo della soleá,70 in particolare quello corrispondente alle bulerías, presentando i due possibili raggruppamenti ritmici che si mostrano a figura 7.
Inoltre, dobbiamo tenere conto della flessibilità che in occasioni si adotta di fronte ai compases flamenchi, dove si ricorre a ciò che in musica classica europea potremmo identificare come una sorta di rubato, una flessibilità subordinata alle necessità espressive e di dizione del cante. Berlanga getta un po’ di luce su questo argomento nel capitolo relativo al compás e alla sonorità flamenca del suo libro El Flamenco: Arte Musical y de la Danza:
La misura del ritmo nel flamenco non funziona come una cornice quadrettata nella quale cante, toque [tocco] e baile [danza] devono incorniciarsi con la precisione di un metronomo: non si canta (o tocca o balla) in funzione del compás, bensì esse è al sevizio dell’espressione musicale. […] Nell’espressione musicale flamenca si rende presente una particolare tensione fra flessibilità ritmica –specialmente nel cante– e l’esattezza del compás. Quando canta, il cantaor ha in mente il dire bene los tercios [i terzi] o le frasi del cante. Se la struttura dei cantes si articola principalmente attraverso la melodia,allora il compás è in funzione del fraseggio musicale, e non il contrario. Questo è compatibile con il fatto che quando si canta per il baile, il compás è così importante come il fraseggio melodico. […]
Con la chitarra succede lo stesso: svolge un ruolo chiave per segnare il compás, ma non lo segna in maniera assolutamente isocrona, quadrettata. 71
In Audéeis si utilizzano tre palos della tradizione flamenca. Sotelo rispetta il loro carattere mantenendo in questo modo l’essenza che li rappresenta, si tratta, come descrive Ordoñez Eslava, di «palos di ritmo libero come la Toná, di tempo lento come la Seguiriya o così ‘festaioli’ come la Bulería».72 Riferendosi a quest’ultimo, Sotelo pone l’accento sulla necessità di non perdere la freschezza del Flamenco:
una bulería o una solea si misurano in dodici polsi. Mettiamo gli endecasillabi al loro posto. Abbiamo lavorato molto su questo tipo di cose con il testo. Ci muoviamo tutti in clave flamenca, per mantenere la freschezza. Qui siamo tutti flamenchi.73
Il ritmo libero –o alla mente– che impregna la Toná è già stato affrontato anteriormente,74 tuttavia, essa è continuata da ciò che potrebbe essere considerato un Martinete,75 la cui linea melodica si assegna al violino primo e al violoncello, linea che ambedue gli strumenti ‘cantano’ in rigoroso movimento parallelo a distanza di due ottave. Arcángel non interviene in questa sezione, ma è significativo il ritmo che ‘percuotono’ il violino secondo e la viola tramite un’accentata articolazione. ‘Percuotono’, perché potrebbero ricordare al suono della fucina alla quale è vincolato il Martinete, come già osservato da Ordoñez Eslava riferendosi a Wall of ligth, un’altra opera del compositore madrileno:
Quest’uso strumentale [Sotelo utilizza l’incudine nella percussione di Wall of ligth] allude inevitabilmente al martinete, un ‘cante da lavoro associato alla fucina’, proposto quindi sulla scena ‘tramite la battitura degli utensili’; da qui che questo oggetto associato al lavoro del fabbro venga adottato come percussione, come utilizzazione ritmica, poiché il canto si sottomette al suo compás.76
A battuta 149 e seguenti (pp. 22-24) si può osservare il cante di «immaginata voce flamenca» ricreato nel violino primo e il violoncello, entrambi ‘sottomessi’ alla ritmica ‘di fucina’ percossa dal violino secondo e la viola. Riguardo a questa ritmica impressa negli accenti del ‘re’ crescente ribattuto, Pérez Frutos puntualizza che essa si tratta di una soleá por bulería, dove si lavora con «un’emiolia di un compás di 6/8 in un compás di 3/4». 77
Di seguito si presenta ricostruita78 la riduzione della ‘risonanza’ del quartetto –realizzata da Pérez Frutos– nella quale si mostra il ritmo armonico che applica Sotelo nella Seguiriya finale di Audéeis:
L’influenza della musica tradizionale indina inizia a formare parte dell’oceano sonoro di Sotelo a partire «dal lungo cammino di lavoro percorso insieme al maestro di tabla indiana Trilok Gurtu»,79 il quale lasciò una significativa orma nella composizione di Chalan, orma che riappare in posteriori pezzi della sua produzione musicale.80 Il compositore madrileno assimila, oltre ad alcune ritmiche indiane, l’utilizzo delle sillabe –onomatopeiche e percussive– caratteristiche di questa tradizione le quali ricevono il nome di bol.81
Esse si possono osservare nella parte del solista di Chalan (p. 37, bb. 124-125), il quale le presenta prima utilizzando unicamente la voce –parlando–, per successivamente sommare a essa anche la percussione della tabla indiana (la quale, dopo la transizione, rimane senza la voce iniziale). Nel caso di Audéeis –sebbene esse venissero ormai utilizzate in Artemis–82 Sotelo ricorre di nuovo all’impiego dei bol indiani, anche se in un modo molto più sottile. La dinámica in pianissimo insieme all’indicazione reto-rica Geheimnisvoll (segreto, misterioso) suggerisce una presenza velata del materiale, come si può esaminare a battuta 413 (p. 45) nella parte del violoncello: ta ke to Ton ki Daun…
Da notare la possibile relazione esistente fra il termine Geheimnisvoll utilizzato in Audéeis e la musica del maestro veneziano, in particolare il suo quartetto d’archi Fragmente-Stille, an Diotima, sul quale il proprio Sotelo indica:
Queste ‘…geheimere Welt…’, o segretissimo mondo –come recita la citazione di Hölderlin che apre la prima pagina del quartetto [di Luigi Nono]– costituirebbe, per noi, una prima testimonianza del lavoro del compositore, che certificherebbe la consu-mazione di un passo definitivo nella conquista di uno spazio rinnovato per l’ascolto.83
Questo uso velato della voce del violoncellista, dove le sillabe ‘segrete’ possono passare inosservate in un primo ascolto –distratto– per poi rivelarsi di fronte all’incremento dell’attenzione dell’ascoltatore –incuriosito–, ricorda in parte l’estetica di José María Sánchez-Verdú, compositore contemporaneo a Mauricio Sotelo, che spiega il rapporto fra la propria musica e l’ornamentazione araba dell’Alhambra:84
L’utilizzo di sussurrati, di frammenti poetici da parte dei musicisti, ha nella mia opera una funzione simile a quella dei testi epigrafici nell’arte nasride, per citare un esempio. I testi che appaiono in quasi tutte le stanze dell’Alhambra (versi e testi del Corano, profani, ecc.) hanno una funzione non soltanto ornamentale, ma anche semantica: l’architetto musulmano ha dottato ad ogni spazio –un giardino, una fontana, una stanza– di prospettive semantiche che possono o no essere percepite dal visitante, ma che fanno parte della ‘profondità’ intrinseca ad ogni spazio, ad ogni camera, ad ogni angolo.85
In modo simile, le sillabe indiane utilizzate nell’opera di Sotelo –siano o no percepite dall’ascoltatore– «fanno parte della ‘profondità’ intrinseca ad ogni spazio» sonoro. Per concludere la contemplazione delle ritmiche che ondeggiano le acque di Audéeis, ricorro di nuovo alle parole di Cañizares, chitarrista flamenco che ha collaborato in numerose occasioni con il compositore madrileno e le cui parole hanno aperto il ‘frammento di diario’ di questo punto:
Con Sotelo sempre hai i piedi in terra e l’immaginazione volando [sognando!]. In qualunque momento sai che ciò che ascolti è una bulería o dei tangos mentre la tua immaginazione sta galleggiando in un universo [oceano] sonoro coerente.86
febbraio 1997*
«Nasce, come resto o sedimento d’ogni naufragio, un territorio nuovo.
Territorio che si definisce come una sorta di scrittura interna, frammentaria, della quale gli esigui tratti nella partitura sarebbero solo come il minimo “diario di un camminante”».87
LA COSTRUZIONE FORMALE LETTA NELL’ACQUA
Come lo stesso compositore affermava, Audéeis presenta all’ascoltatore un percorso poetico88 –o almeno gli «esigui tratti» che confermano detto percorso–. L’idea di ‘diario di un camminante’ aiuta a comprendere una costruzione formale che si scopre o si crea durante il ‘cammino’, il processo compositivo, piuttosto che l’applicazione –forzosa– di strutture formali preconcette nelle quali la musica viene talvolta ‘ingabbiata’: sottomessa alla tecnica imposta invece di esser trovata a partire dall’Ascolto. Quindi, la partitura-diario serve per registrare le orme dopo il cammino percorso, agendo come «un certo supporto della memoria».89 Ci troviamo ancora una volta di fronte all’influenza del compositore veneziano: il suo ultimo periodo –che impregna le acque dell’oceano sonoro di Sotelo– beve dalla poetica di Antonio Machado: «non c’è cammino | si fa il cammino nell’andare».90
Questi noti versi potrebbero estrapolarsi, almeno nell’opera che ci riguarda, alla costruzione formale della musica come: non c’è forma preconcetta | si scopre la forma nel processo stesso della composizione. Seguendo quest’ipotesi, potremmo collegare anche la costruzione formale di Audéeis con le idee del compositore francese Edgard Varèse, il quale già difendeva la forma come risultato invece di come imposizione:
Concepire la forma musicale come una risultante –il risultato di un processo, sono stato colpito da ciò che mi è sembrato un’ana-logia fra la formazione delle mie composizioni e il fenomeno di cristallizzazione. […] ‘La forma del cristallo è in sé stessa una risultante (la parola in particolare che io ho utilizzato in relazione alla forma musicale) piuttosto che un attributo primario. La forma del cristallo è la conseguenza di un’interazione di attrattive e repulsive forze e l’ordinato complesso dell’atomo’. Questo, secondo me, suggerisce meglio di qualunque altra spiegazione che io [Varèse] potessi dare il modo in cui le mie opere sono costruite.91
Nel caso di Sotelo, sebbene la costruzione formale viene tracciata come il risultato di un percorso poetico, l’idea di cristallizzazione esposta da Varèse richiede una puntualizzazione. La partitura del compositore madrileno può essere considerata una ‘cristallizzazione’ della sua musica, ma non la ‘cristallizzazione’ assoluta di essa. Per Sotelo la partitura non contiene la musica, bensì serve a risvegliare la memoria degli interpreti, come egli riferisce: «sono arrivato alla convinzione che non si può leggere la musica dalla partitura.
Intendo dire che bisogna decifrarla, spogliare la sua interiorità e la partitura può allora essere un lieve supporto della memoria».92 Vediamo adesso le diverse ‘tappe’ –registrate nella partitura-diario– attraverso le quali passa il cammino del camminante in Audéeis. A tal fine, riprendo come riferimento le parole di Sotelo relative ad Artemis, le quali possono essere applicate, in parte, nella nostra
opera-oggetto in esame. A sua volta, ricorro ancora una volta ai ‘cartelli’93 che lo stesso compositore ci offre lungo le acque di Audéeis per segnare il percorso poetico che qui ci si presenta.
Il cammino parte dall’«‘alito’ o l’informe –ciò che non è ancora creato–» (p. 1, bb. 1-13), un inizio alla soglia del silenzio dove un puntinismo sottile si combina con la tecnica del tonlos che funge da «alito» del quartetto. A questo materiale iniziale si sovrappone uno nuovo che introduce le «risonanze marine: fruscio dell’aria o del ‘respiro’ delle onde» (WELLENARTIG: pp. 2-9, bb. 14-62) e mette in moto –tramite il continuo flusso degli archi–94 l’atmosfera iniziale piuttosto statica finora. Come si è già proposto anteriormente, ambedue le ‘tappe’ possono essere considerate rielaborazioni dello stesso frammento di Chalan.95
La sezione «marina» lascia il posto –in questo caso dopo una breve pausa– alla «tremenda voce o canto di gemito, grido o Quejío» (TONÁ: pp. 9-29, bb. 63-235) che presenta il primo intervento del cantaor. Ciò nonostante, questa sezione può essere sud-divisa a sua volta in due: la Toná iniziale (trascrizione del cante di Enrique Morente)96 e il successivo Martinete che coincide con l’indicazione «appassionato» (in questo caso senza la presenza di Arcángel). Toná e Martinete già apparivano nel pezzo per violino solo Estremecido por el viento,97 tuttavia, a partire da battuta 179 (p. 25) in Audéeis, sembra che Sotelo riprenda (rielabori) –a mo’ di transizione– una delle sezioni della fine di Chalan98 per sfociare nel «ricorda!» (pp. 28-29, bb. 233-235)99 che precede il «rapido ritmo pietroso (un rêve de pierre)» (BULERÍA: pp. 29-49, bb. 235-484).100 Si noti che a battuta 235 (p. 29) le acque di Audéeis si mischiano in una sovrapposizione di materiali –la coda del «ricorda!» e i primi suoni del quartetto ‘percussivo’ (senza suono)– attenuando così la transizione. In più, se rintracciamo ancora una volta il materiale (percus-sivo) che già era accennato alle bb. 174-177 (p. 24), materiale che già si è collegato anteriormente con il pezzo per violino solo, possiamo metterlo in relazione con il primo quartetto d’archi, Degli eroici furori, in particolare con la sezione intitolata Bulería ‘omaggio a Helmut Lachenmann’.101
Quindi, in Audéeis si anticipano a mo’ di preparazione alcuni materiali che appartengono già alla Bulería nelle sezioni che la precedono.
Questo «ritmo pietroso», sebbene in Audéeis si presenti anche insieme alla voce del cantaor102 (dopo la percussione del cajón flamenco e las palmas), è continuato dalla «risonanza di ciò che fu una voce vibrante» (SEGUIRIYA: pp. 50- 59, bb. 485-536). Detta risonanza comincia a emanare sottilmente da battuta 400 (p. 44) in poi, impregnado sempre di più il materiale del quartetto fino a sciogliere completamente la ‘percussione’ che si presentava. In questo modo, il passaggio dalla Bulería percussiva alla Seguriya di risonanza (armonica) si produce gradualmente. «Ciò che fu una voce vibrante» presenta in Audéeis, tramite la tecnica del palinsesto, la voce reale del cantaor (si tratta di nuovo di una trascrizione, in parte, del cante di Morente)103 costituendo un’altra differenza con Artemis. Successivamente, quando la voce di Arcángel si estingue avvolta in una delicata risonanza del quartetto d’archi, Sotelo conclude il percorso poetico «all’impulso, al soffio, al silenzio, all’aperto (ins freie…), all’aperto al possibile» (NACHDENKLICH: pp. 59-61, bb. 537-567). A questo punto, senza la presenza del cantaor, il quartetto ‘dialoga’ assorto104 con dei tratti di quinte –che richiamano alla memoria il pezzo di Luigi Nono “Hay que caminar” soñando–105 fino a svanire lasciando lo spazio alla timbrica iniziale alla soglia del silenzio.
Entrambi i limiti vicini al silenzio –l’inizio e la fine di Audéeis– condividono in più una ritmica caratteristica che viene presentata, in certo modo, latente, come se fosse un indizio che germoglierà più avanti oppure i resti che rimangono dopo il cammino andato, –seguendo le parole di Sotelo– che «nascono dopo ogni naufragio».106
Se ‘ricostruiamo’ la ritmica ripartita in entrambi i casi negli strumenti del quartetto d’archi107 (ricordiamo il lavoro di ‘hochetus’ realiz-zato dal compositore in altre sezioni dell’opera) troviamo la struttura che caratterizza il palo della Seguiriya, soprattuto le cellule ritmiche corrispondenti alla battuta di 6/8.108 Per commentare brevemente la funzione di questo filo ritmico che si estende lungo Audéeis, cito un frammento del capitolo 82 di Rayuela nel quale Julio Cortázar –attraverso Morelli (il suo alter ego nel romanzo)– riflette sulla scrittura e la forma di essa legando entrambe al ritmo:
Ci sono brandelli, impulsi, blocchi, e tutto cerca una forma, allora entra in gioco il ritmo [di swing] e io scrivo dentro questo ritmo, scrivo per egli, mosso da egli e non da ciò che chiamano il pensiero e che fa la prosa, letteraria o altra.109
Perciò, si potrebbe comprendere la costruzione formale come risultato di un percorso poetico che, nel caso di Audéeis, si regge sulla coerenza della ritmica flamenca soggiacente, radicata anche nei punti del pezzo dove la presenza del flamenco non è così evidente: il passaggio del camminante inizia dalla Seguiriya-latente per sfociare nella Seguiriya-sedimento del naufragio.110
Si potrebbe equiparare, con le dovute distanze, il ritmo di swing che entra in gioco nella scrittura di Cortázar quando ‘il tutto’ cerca una forma, con il ritmo flamenco sul quale si sostiene Audéeis, il ritmo soggiacente lungo il percorso poetico della composi-zione di Sotelo.
Per concludere, concentriamoci ancora una volta, come si è già accennato in queste pagine,111 sulle differenze che presenta Audéeis riguardo ad Artemis, cioè, volgiamo lo sguardo verso le individualità di Audéeis che si sono originate con l’inclusione della figura del cantaor flamenco. Da un lato, la presenza della voce di Arcángel ha implicato anche l’inclusione dei diversi testi scelti da Sotelo (testi popolari del flamenco e poemi di José Ángel Valente).112 Queste melodie flamenche –aggiunte a mo’ di palinsesto sulla ‘base’ di Artemis–113 hanno comportato l’apparizione di un nuovo strato, non solo a livello timbrico, ma anche di significato e fonetico.
Dall’altro lato, lo strato aggiunto nella parte del cantaor implica anche qualche variazione a livello strutturale, sebbene in modo sottile, dovuta all’aggiunta in Audéeis di alcune battute riguardo ad Artemis. Fino al primo intervento di Arcángel a battuta 68 (p. 9), entrambe le opere non presentano cambiamenti a livello strutturale.114
Poi, nell’entrata del cantaor appare la prima corona, in più le pause in Artemis diventano –in molte occasioni– G.P. (gran pausa) in Audéeis. Più avanti, nella Bulería (p. 29, c. 135), la presenza del cajón comporta qualche cambiamento relativo ai materiali percussivi del quartetto d’archi. Ad esempio, all’inizio di questa sezione la tripla ripetizione di due battute in Artemis (p. 25, bb. 235-236) viene applicata soltanto su una di esse in Audéeis (p. 29, b. 236); le battute percussive 303-306 (p. 29) del violino primo in Artemis cambiano in Audéeis (pp. 33-34) dove il ‘nuovo’ materiale serve per procurare la nota ‘re’ con la quale inizia la voce del cantaor a battuta 306 (p. 34); o il materiale percussivo delle battute 373-377 viene rielaborato in Audéeis (p. 41) aumentando leggermente la densità ritmica del quartetto. Ciò nonostante, fino alla Seguiriya (b. 485) non si producono alterazioni nelle battute fra entrambe le opere. Ebbene, a partire da questo punto cominciano ad aggiun-gersi alcune battute –fino ad un totale di dodici– dove la voce di Arcángel è sempre più protagonista: b. 485 (battuta aggiunta: 3/4 con corona), b. 490 (la battuta di 6/8 viene sostituita da una di 4/4), b. 496 (la risonanza del quartetto d’archi dura tutta la durata della battuta), bb. 497-498 (battute aggiunte: soltanto con la voce del cantaor) e bb. 529-536 (battute aggiunte: ultimo intervento del cantaor –insieme alla risonanza del quartetto– esponendo di nuovo il primo verso dell’ultimo poema di José Ángel Valente).115 Finalmente, l’ultima battuta di Audéeis, anche aggiunta, presenta una sorta di sintesi delle battute iniziali del pezzo, in particolare la b. 2 (i violini) e la b. 6 (viola e violoncello). Essa potenzia la ciclicità accennata del cammino andato durante il percorso poetico.
luglio 1972, Darmstadt*
«Il suono, in se stesso, è un oceano di vibrazioni senza fine».116
III. RIFLESSI SULL’OCEANO SONORO
Arriviamo alla fine della nostra traversata lungo le acque di Audéeis. In queste pagine navigate abbiamo potuto contemplare i diversi pilastri sui quali si sostiene l’opera-oggetto in esame, così come avvicinarci alla fertile poetica di Mauricio Sotelo dove i numerosi riferimenti musicali ed estramusicali ancora fermentano oggi nel fondale marino delle sue composizioni. Riferimenti che rimangono fedeli alla musica del suo maestro Nono, alla poesia del suo stimato Valente o alla voce –«ricreazione della memoria, ricordo importante»– 117 del cantaor Morente. Riferimenti che contribuiscono alla lenta formazione della musica di Sotelo che, come se fosse una resina, si segrega arricchendo il proprio oceano sonoro. Continuando con le parole di Valente: «scrivere non è fare, ma stabilirsi, essere». Come abbiamo potuto constatare, la musica di Audéeis parte dalla versione precedente per quartetto d’archi –Artemis–; non si tratta perciò di una musica ‘fatta’, bensì abitata, rivisitata.
Lungo quest’analisi si sono tenute presenti le riflessioni esposte da Luciano Berio nella sua conferenza incentrata sulla «poetica dell’analisi» riportata postuma nel suo libro Un ricordo al futuro.118 In particolare la necessità di contestualizzare l’opera che si analizza, cioè di non dimenticare l’oceano sonoro al quale essa appartiene. Berio affronta questa necessità avvisandoci del seguente fatto:
Oggi accade spesso che, anche nel caso di analisi penetranti e, per così dire, scientifiche, l’analista non si preoccupi di collocare l’opera-oggetto in esame in una cronologia evolutiva del compositore: cioè nella prospettiva della sua poetica. È proprio questa tendenza alla a-temporalità che rende l’analisi un’esperienza aperta e creativa che può però diventare inutile quando chi la conduce lotta con la concettualizzazione di qualcosa che non esiste.119
In questo modo, i numerosi riferimenti realizzati lungo queste pagine alle opere della produzione di Sotelo precedente ad Audéeis: Artemis (2004), Estreme-cido por el viento (2003), Chalan (2003), Degli eroici furori (2001- 2002), tra le altre, servono per situare l’opera-oggetto in esame nella «prospettiva della poetica» del compositore madrileno.120 Come abbiamo potuto osservare, dette opere sono fondamentali per poter comprendere alcune delle sezioni di Audéeis dove Sotelo rielabora sezioni complete rivisitando le acque del proprio oceano sonoro. Concludiamo –come se fosse un altro frammento del ‘diario di un camminante’– con le parole di Mauricio Sotelo in risposta a una domanda di Camilo Irizo:
Giovedì 17 gennaio 2008
«C.I.- Il flamenco non solo si interpreta, si vive, è una filosofía di vita. In tal senso noi musicisti classici, come stiamo?
Sotelo.- Impariamo a “camminare sognando”, come direbbe Nono». 121
- 1. ORDÓNEZ ESLAVA, ‘La creación musical de Mauricio…’, op. cit., pp. 194-195. «aunque no en grado absoluto en cuanto a que no define de manera decisiva el material compositivo, a ciertos procesos de la escuela espectral francesa» [TdA]. L’autore puntualizza che «questa corrente [lo spettralismo], nata a partire delle esperienze di Gérard Grisey e Tristan Murail, tra altri compositori, nella Parigi degli anni settanta, proporre lo studio analitico dello spettro fisico-armonico del suono e il suo utilizzo diretto come oggetto compositivo» [TdA]. ↩︎
- 2. SOTELO, ‘Memoriæ’, op. cit. «análisis espectral de las voces de cantes antiguos del flamenco, sobre todo
en las formas de la Toná y el Martinete» [TdA]. ↩︎ - 3. Ivi. «dos de las más ‘añejas’ e intensas formas del cante hondo» [TdA]. La Toná e il Martinete compaiono ad Audéeis, cfr. i punti di quest’analisi incentrati sul ritmo e la costruzione formale, pp. 36-41 e pp. 42-46 rispettivamente. ↩︎
- 4. GERMAN GAN QUESADA, ‘Mauricio Sotelo. Música extremada’, XXIV Festival de Música de Canarias, Las Palmas de Gran Canarias, Festival de Música de Canarias, 2008, pp. 308–347. Cit. in ESCOBAR, ‘Valente en clave…’, op. cit. ↩︎
- 5. Ivi, p. 36. «la línea silente y electroacústica de Cage y Stockhausen y el IRCAM a la luz de Saariaho,
Lindberg o Benjamin» [TdA]. ↩︎ - 6. Ivi. «herramientas en el proceso de grabación y de análisis de la onda sonora» [TdA]. Come ad esempio
«ProTools o Melodyne». ↩︎ - 7. ANDRÉS IBÁÑEZ, ‘Mauricio Sotelo en siete piezas’. Mauricio Sotelo. De oscura llama, Madrid, INAEM-Anemos, 2009, pp. 18-22, p. 18. «cultivo sistemático de la impureza» [TdA]. ↩︎
- 8. SUSANE STÄHR, ‘El amor se aparta del tiempo. El teatro musical de Mauricio Sotelo en De Amore’, note al programma di sala per la prima realizzazione a Monaco di Baviera dell’opera De Amore, una maschera di cenere (1996-1999) di Mauricio Sotelo, 1999, p. 24. Cit. in ORDÓNEZ ESLAVA, ‘La creación musical de Mauricio…’, op. cit., p. 187. «No me interesa el folclore de cultura purista, como se nos ha transmitido en la mayor parte de la tradición. He tomado de él las firmes normas rítmicas y las escalas de microtonos, que pueden ser extraídas del flamenco y llevadas a otros determinados mundos afectivos.» [TdA]. ↩︎
- 9. Nelle parole del compositore madrileno «diventerà rapido ritmo pietroso (un rêve de pierre)». ↩︎
- 10. Il caso di Audéeis coincide con l’esempio ipotetico esposto da Sotelo: «Cioè, se sono in ‘re’ […]
utilizzerò lo spettro della tonica e il quinto, il ‘re’ e il ‘la’. A questo punto inizierò a lavorare con filtri
spettrali». Cfr. Il ‘frammento di diario’ che apre questo punto dell’analisi, p. 22. ↩︎ - 11. Questo pedale si presenta (quasi in continuo) estendendosi durante circa 56 battute, pp. 49-59, bb.
484-540, essendo ininterrotto da b. 528 a b. 536. ↩︎ - 12. Ricordano –sebbene in un registro più basso– alle ultime parziali dello spettro armonico nel quale gli
intervalli microtonali si ‘ammucchiano’ assomigliandosi ad un glissato, anche se in questo caso questo
glissato è articolato. Dall’altra parte, e avendo in mente l’influenza della musica indiana che già presentava
a livello ritmico Chalan, si può riscontrare anche –a livello melodico-armonico– una certa similitudine con i
ragas microtonali indiani nei quali gli intervalli vengono suddivisi in diversi microtoni. Sull’utilizzo di questatradizione in un contesto contemporaneo, cfr. IVÁN CÉSAR MORALES FLORES, ‘Louis Aguirre: avantgarde del afrocubanismo desde la diáspora musical cubana de finales del siglo XX y principios del XXI’, Espacio Sonoro, no. 41, 2017. In opere del compositore cubano Louis Aguirre come Ochosi (2010) si
avverte una «organizzazione delle altezze microtonali [che] risponde all’invenzione di una scala di ventiquattro suoni, concepita dal compositore dalla conoscenza del sistema di Ragas della musica carnatica […] e il proprio pensiero occidentale di partenza» [TdA]. ↩︎ - 13. ORDÓNEZ ESLAVA, ‘La creación musical de Mauricio…’, op. cit., pp. 127-128. Per quanto riguarda le
affermazioni sulle quali si bassa l’autore, cfr. ANTONIO Y DAVID HURTADO TORRES, La llave de la música flamenca, Sevilla, Signatura Ediciones, 2009. «característicos de la escala modal frigia andaluza» [TdA]. ↩︎ - 14. In questa terza parte gli strumenti partono sempre dalla loro stessa nota (p. 5, b. 38 e ss.). Più avanti (p.
7, b. 50 e ss.), si riprende anche il mutifonico del violoncello, appartenente allo spettro di ‘re’, utilizzato all’inizio di Audéeis. ↩︎ - 15. Come già indicato da Ordoñez Eslava riferendosi a Chalan: «È possibile osservare in numerose
occasioni altezze concrete che appaiono chiaramente scritte, la cui percezione però risulta setacciata dal
modo e la rapidità della loro emissione, com’è chiaro alle battute 39 e segg. di Chalan» [TdA], in ORDÓNEZ ESLAVA, ‘La creación musical de Mauricio…’, op. cit., p. 197. ↩︎ - 16. Cfr. il punto di quest’analisi incentrato sulla sonorità ↩︎
- 17. SOTELO, ‘Chalan’, op. cit., p. 20. ↩︎
- 18. SOTELO, ‘Audéeis’, op. cit., pp. 8-9. ↩︎
- 19. NB.: l’altezza del multifonico non è temperata. ↩︎
- 20. Cfr. il punto di quest’analisi incentrato sulla sonorità ↩︎
- 21. Sotelo già osservava questo lavoro timbrico-dinamico nella musica di Nono, cfr. il punto di quest’analisi
incentrato sulla sonorità, in particolare la p. 19. Successivamente, egli si è riferito a questo tipo di lavoro nella propria musica: «Si tratta più avanti di creare (ricreare, reinterpretare e reinventare) linee con la qualità drammatica di quei cantes […] il cui ‘spettro’-spirito (struttura di armonici) è inoltre composto o creato dall’elaborazione di ombre e luci» [TdA], in SOTELO, ‘Memoriæ’, op. cit. ↩︎ - 22. Come anticipazione di questo materiale, nel violino secondo si presenta prima uno di questi tratti (p. 47,
bb. 451-454), sebbene in questo caso l’intervallo utilizzato è la settima. ↩︎ - 23. «Ha ragione María Zambrano, nella sua saggia conoscenza della musica, […] quando fa riferimento alle
‘note dell’accordatura dello strumento’, come punto di partenza dell’organizzazione armonica del ‘Concerto per Violino’ di Alban Berg» [TdA], in SOTELO, ‘Memoriæ’, op. cit. Quest’ultima opera di Berg si trova fra alcuni degli esempi di Zambrano raccolti dal compositore madrileno quando riflette sulla naturalità in musica, sia la «voce naturale» del cantaor sia «le note dell’accordatura» del violino. Sul saggio della filosofa al quale fa riferimento Sotelo, cfr. MARÍA ZAMBRANO, ‘La condenación aristotélica de los pitagóricos’, El hombre y lo divino, México DF, Fondo de Cultura Económica, 1955. ↩︎ - 24. LUIGI NONO, “Hay que caminar” soñando, Italia, Casa Ricordi, 1989. ↩︎
- 25. SOTELO, ‘Luigi Nono o el…’, op. cit., p. 25. «–además de distintas zonas del espectro armónico más fuertemente iluminadas que la propia nota fundamental, que en muchos casos desaparece– incluso pequeñas variaciones u oscilaciones microinterválicas» [TdA]. ↩︎
- 26. Lungo il secondo movimento di “Hay que caminar” soñando appaiono diverse variazioni di questo motivo –variazioni ascendenti, ma anche discendenti–. ↩︎
- 27. A figura 4 si può osservare il ‘sib’ del violoncello passa direttamente ad un ‘do’ nel violino secondo,
‘saltandosi’ il ‘fa’ intermedio che comporterebbe un passaggio per quinte. ↩︎ - 28. ESCOBAR, ‘Valente en clave…’, op. cit., p. 29. «conduce a lo que yo ya denomino ‘Acorde solar’, una de las columnas estructurales de la obra» [TdA]. ↩︎
- 29. MAURICIO SOTELO, Como llora el agua…, UE 33 969, Viena, Universal Edition, 2007. ↩︎
- 30. SOTELO, ‘Entrevista Mauricio Sotelo – Sean Scully’, op. cit., p. 5. «El proceso compositivo en la presente obra comienza con la búsqueda de una Scordatura (afinación modificada) que, alejada de la sonoridad convencional, conforma el centro armónico de toda la composición (Do, Sol, re, sol#, si, re#). Esto es, una suerte de eje armónico gravitatorio o ‘Acorde Solar’ dentro de un sistema de ‘infinitos soles’ (Giordano Bruno)» [TdA]. ↩︎
- 31. SOTELO, ‘Audéeis’, op. cit., p. 47, b. 443 oppure p. 49, b. 484, per citare solo due esempi. ↩︎
- 32. ROJO DÍAZ, ‘Entrevista a Mauricio…’, op. cit. «Yo tengo una relación sinestésica con la música desde
que era muy pequeño, y finalmente he creado un sistema artificial de colores. Eso me ayuda a lo que me indicó Luigi Nono, a olvidarme de la escritura en el acto de la composición y a tener una trayectoria mental
más libre» [TdA]. ↩︎ - 33. PRIETO, ‘Entrevista con Mauricio…’, op. cit. «Suena azul celeste [el silencio] –G, o silente coloración de la nota ‘sol’–. Una leve vibración, de aparente quietud infinita, plena de serena intensidad, apuntando a lo
posible, abierto a lo posible y los posibles, en verso de J. A. Valente.» [TdA]. In risposta alla domanda: «A
cosa suona il silenzio?» [TdA]. ↩︎ - 34. SOTELO, ‘Chalan’, op. cit., p. 55. ↩︎
- 35. SOTELO, ‘Entrevista Mauricio Sotelo – Sean Scully’, op. cit., pp. 8-9. «Un cantaor sin embargo se caracteriza por cantar, en un ámbito muy limitado, con una voz más áspera, llena de micro-intervalos, rica
en floridos arabescos, –como los que se ven en uno de esos muros de la Alhambra–. Y es en la aparente ‘suciedad’ de la voz, en la riqueza infinita de matices, de grados de intensidad, en donde radica, para mí, la potencia expresiva de esas líneas ‘rotas’» [TdA]. (*) La data corrisponde all’uscita del CD nelle cui note al programma appare l’intervista tra entrambi gli artisti. ↩︎ - 36. Cfr. il punto di quest’analisi incentrato sulla sonorità, pp. 14-21. ‘Eterofonia’, ‘Cante (melodia) accompagnato’ e ‘«Risonanza di ciò che fu una voce vibrante»’ rispettivamente. ↩︎
- 37. Nell’articolo di Iluminada Perez Frutos si raccoglie il seguente riferimento alla consonante come pietra: «Secondo gli ebrei, la Torah (o i cinque libri di Mosè) era composta originariamente da una successione di consonanti senza vocalizzazione, né divisioni in capitoli. È la Parola muta, senza pronunciare, rinchiusa nella lettera, come una pietra secca. È il ‘libro chiuso’» [TdA], in ILUMINADA PÉREZ FRUTOS, “Tratamiento de la voz. Tradición oral en la obra de Mauricio Sotelo, Papeles del Festival de Música Española de Cádiz, no. 3, 2007, pp. 139-160, p. 141. Questo riferimento pietroso si può collegare con le parole di Sotelo quando egli si riferisce alla sezione ritmica di Artemis (e quindi, in parte, a quella di Audéeis) nella quale lo ‘spazio vocalico’ si sospende, essendo succeduto da un «rapido ritmo pietroso (un rêve de pierre)». Cit. in SOTELO, ‘Memoriæ’, op. cit. ↩︎
- 38. PÉREZ FRUTOS, ‘Tratamiento de la voz…’, op. cit. ↩︎
- 39. SOTELO, ‘Memoria, signo y canto…’, op. cit., p. 141. «Nos recuerda el filósofo veneciano que un
conocimiento profundo de la Torah sólo puede ser alcanzado cantándola. La vocal, alma de la palabra, eleva a la palabra en el canto por encima del cuerpo de la consonante, la libera. No sería posible leer la Torah sin
pronunciar esta alma de la palabra, y esta alma exige ser cantada. En el canto se revela el alma de la escritura. […] Y sería a través de esta dimensión vocálico-musical por la que el lenguaje humano podría acceder a poseer un reflejo o sombra de la lengua divina (Cacciari, 1985). Ese espacio vocálico sería para Nono el espacio de la escucha y del silencio, espacio posible o dominio de los infiniti possibili» [TdA].
NB.: il suggerimento «per cui il linguaggio umano potrebbe accedere a possedere un riflesso od ombra della lingua divina» riassume il significato del titolo Audéeis, cfr. il punto di quest’analisi incentrato sui testi. ↩︎ - 40. ‘Radici dell’aria’, che direbbe Sotelo. ↩︎
- 41. BELÉN PÉREZ CASTILLO, ‘Sotelo Cancino, Mauricio’, Emilio Casares (dir.), Diccionario de la Música Española e Hispanoamericana, Madrid, Sociedad General de Autores y Editores, vol. 7, 1999-2001, pp. 36-39, p. 37. Cit. in ORDÓNEZ ESLAVA, ‘La creación musical de Mauricio…’, op. cit., p. 112. «Sotelo propone una reflexión sobre la escucha y la memoria. […] en la voz del cantaor, una nota es como un abismo
abierto, y por ello, a la manera de un escultor, trata de penetrar en la memoria del cantaor y moldear su voz» [TdA]. L’idea di ‘abisso aperto’ sicuramente beve dalla poetica di Valente: ‘scrittura abissale’. ↩︎ - 42. SOTELO, ‘Entrevista Mauricio Sotelo – Sean Scully’, op. cit., pp. 8-9. «aparente ‘suciedad’ de la voz, la
riqueza infinita de matices, de grados de intensidad» [TdA], «la potencia expresiva de esas líneas ‘rotas’»
[TdA]. Cfr. il ‘frammento di diario’ che apre questo punto dell’analisi, p. 29. ↩︎ - 43. MAURICIO SOTELO, s/t, Sibila, no. 3, 1995, p. 5. Cit. in ORDÓNEZ ESLAVA, ‘La creación musical de Mauricio…’, op. cit., p. 220. «Voz interior que se hace cuerpo en la del cantaor Enrique Morente, y que
personifica el vínculo entre la más pura tradición oral, el mito de la aparición de la escritura y las artes mágicas de la memoria. La voz de Morente –previamente grabada– va tejiendo un continuum sonoro –elaborado por medio de tratamiento informático– que se extiende, en el espacio del Teatro, como un mar
micro-interválico en continua mutación; pero no como proceso armónico extendido sino como despliegue
de la calidad sonora en infinitos grados de intensidad, peso y luminosidad» [TdA]. ↩︎ - 44. Cfr. il punto di quest’analisi incentrato sulla sonorità. ↩︎
- 45. ENRIQUE MORENTE, Soy un pozo de fatigas (Martinete y toná), Grabación Sonora Original, EMI Music Spain, S.A. Madrid (España), 1969, (2015 Remastered), cfr. <https://www.youtube.com/watch?v=aFaRCdb8z94> [ultima consultazione: 15 gennaio 2025]. ↩︎
- 46. Estremecido por el viento (2003), Audéeis (2004), Wall of light red (2004), De oscura llama (2008), per
citare soltanto alcune. ↩︎ - 47. Cfr. Il punto di quest’analisi incentrato sull’armonia. ↩︎
- 48. Cfr. Il ‘frammento di diario’ che apre questo punto dell’analisi, «caracteriza por cantar en un
ámbito muy limitado» [TdA]. ↩︎ - 49. NB.: lungo il pezzo le indicazioni retoriche appaiono in italiano (es. appassionato) oppure in tedesco (es.
nachdentlich), mentre in questo caso si tratta di un’indicazione in spagnolo. ↩︎ - 50. Cfr. ESCOBAR, ‘Valente en clave…’, op. cit., p. 33. «[…] tant’è vero che Morente sarà un referente
essenziale nella scrittura musicale di Sotelo, principalmente negli anni novanta in cui lavorarono assieme.
Si concretizza, infatti, in opere come Su un oceano di scampanelli per pianoforte solo (1994-1995), con risonanze di Ungaretti e l’indicazione ‘lento, intenso, Morente’» [TdA] e PEDRO ORDÓÑEZ ESLAVA, ‘Elogio de la apropiación. Prácticas impuras, flamenco y creación contemporánea’, Cuadernos de música
iberoamericana, vol. 32, enero-diciembre, Universidad de Granada, 2019, pp. 95-114, p. 108. Riferendosi all’opera El Publico: «Da un punto di vista concettuale, colpisce l’uso che fa Sotelo del cognome Morente.
Lungo la partitura, inserisce questa parola come indicazione di carattere e, allo stesso tempo, come offerta musicale alla figura del cantaor, in una sorta di intertestualità velata all’ascoltatore, anche se necessariamente ‘interpretata’ dall’orchestra. Succede così con ‘Morente-Lorca’ […] o con ‘morente agonizante’ e ‘morente intenso’» [TdA]. ↩︎ - 51. Agustín Gómez cita Hipólito Rossy, «la Toná passa per il modo dorico con scappate transitorie ma evidenti verso note di distinta tonalità per fare cadenze sulla fondamentale del modo dorico che la regge. Si canta con ritmo libero, o più accuratamente, senza sottomissione di compás» [TdA] in ÁGUSTÍN GÓMEZ, Cantes y estilos del flamenco, Córdoba, Servicio de Publicaciones de la Universidad de Córdoba, 2004, pp. 91-91. Cit. in ORDÓNEZ ESLAVA, ‘La creación musical de Mauricio…’, op. cit., p. 168. ↩︎
- 52. Cfr. il punto di quest’analisi incentrato sull’armonia. ↩︎
- 53. ORDÓNEZ ESLAVA, ‘La creación musical de Mauricio…’, op. cit., p. 168. «la toná [es] un palo de compás libre en el que, tradicionalmente, es la voz del cantaor lo único que debe oírse» [TdA]. ↩︎
- 54. NB.: le battute che si mostrano a figura 5 corrispondono alle battute 9-15 del pezzo per violino solo. In
realtà, la sezione completa di Audéeis nella quale si presenta la trascrizione della Toná proviene di una
rielaborazione della stessa –tramite un lavoro eterofonico–, che già costituiva la prima parte di Estremecido por el viento. ↩︎ - 55. Il movimento presenta il sottotitolo «El Paseante (l’homme qui marche), por bulería ‘alla mente’», cfr.
MAURICIO SOTELO, De Magia, UE 30 254, Viena, Universal Edition, 1995. ↩︎ - 56. KLAUS KROPFINGER, ‘Infinita siembra’, Sibila, no. 5, Sevilla, 1996, pp. 36-37, p. 36. Cit. in ORDÓNEZ ESLAVA, ‘La creación musical de Mauricio…’, op. cit., p. 187. «Material y atmósfera [del segundo movimiento de De Magia] traen a la memoria tanto el cante andaluz por ‘Bulerías’ como la obra de Nono Contrappunto dialettico alla mente. Se evoca también un importante motivo en cuanto al significado y a lo musical de ‘el caminar’ como avanzar o trascender, […] una alusión tanto a la plástica de Alberto Giacometti como a Luigi Nono en su obra para dos violines Hay que caminar soñando» [TdA]. ↩︎
- 57. ENRIQUE MORENTE, Pago con la vida (Seguiriyas de Jerez), Grabación Sonora Original, EMI Music
Spain, S.A. Madrid (España), 1969, (2015 Remastered), cfr. <https://www.youtube.com/watch?v=QW4fhd817Vg> [ultima consultazione: 15 gennaio 2025]. ↩︎ - 58. NB.: la parte della voce di Arcángel, a differenza di ciò che succede nel resto del pezzo, non presenta
alcuna indicazione di dinamica lungo tutta la Bulería. ↩︎ - 59. ORDÓNEZ ESLAVA, ‘La creación musical de Mauricio…’, op. cit., p. 221. «el cantaor interpreta el texto como una letra flamenca más» [TdA]. ↩︎
- 60. Ivi., p. 222. «casos en que el cantaor o el intérprete vocal debe ejecutar lo que está escrito es menor»
[TdA]. ↩︎ - 61. MAURICIO SOTELO, ‘Audéeis’, Salzburg Biennale: Festival for New Music 2009, NEOS Music, 2013, cfr. <https://youtu.be/9X3yml9wf-8> [ultima consultazione: 15 gennaio 2025]. ↩︎
- 62. MAURICIO SOTELO, Muros de dolor… V: José Ángel Valente – memoria sonora, Mauricio Sotelo. Universal Edition [online]. «se trata de una nueva, una línea musical que recrea y reinventa la cualidad dramática del cante tradicional –con una paleta infinita de micro-cualidades en el sonido» [TdA]. ↩︎
- 63. PRIETO, ‘Entrevista con Cañizares’, op. cit. «R. P.- ¿Qué es importante tener en cuenta cuando se interpreta la música de Sotelo? | Cañizares.- El ritmo. Como toda la música rítmica y la de Sotelo lo es, si no se interpreta con ritmo pierde toda la gracia y el carácter. Para interpretar su música esto creo que hay que tenerlo muy en cuenta» [TdA]. ↩︎
- 64. Berlanga avverte che «la parola compás [tempo, ritmo] ha significati diversi (anche se collegati) nel flamenco e nella musica occidentale di tradizione scritta. Semplificando, possiamo identificare il compás […] in senso flamenco con ciclo ritmico. […] Nel flamenco viene fatta una differenza tra ‘cantes a compás’ [canti misurati] e ‘cantes libres’ [canti liberi]. I cantes a compás sono quelli il cui ritmo viene marcato chiaramente (più o meno, secondo i casi). I cantes libres sono quelli che si interpretano senza un ritmo definito, sono di ritmo libero, declamatorio o ad libitum» [TdA], in MIGUEL A. BERLANGA, El Flamenco, un Arte Musical y de la Danza, Universidad de Granada, 2017. ↩︎
- 65. Per una breve spiegazione del termine ‘bol’, cfr. p. 40 di quest’analisi. ↩︎
- 66. MAURICIO SOTELO, Night, UE 33 987, Viena, Universal Edition, 2007. ↩︎
- 67. SOTELO, ‘Muros…’, op. cit., pp. 3-4, en ORDÓNEZ ESLAVA, ‘La creación musical de Mauricio…’, op. cit., p. «una cierta vocación [en Chalan y Night] por recuperar una textura rítmica precisa […] se inspira en la tradición musical del sur de la India», «la tradición sitúa aquí [en el sur de la India] el origen de nuestro
flamenco» [TdA]. ↩︎ - 68. Cfr. PÉREZ FRUTOS, ‘Tratamiento de la voz…’, op. cit., in particolare l’ultima parte, pp. 18-20. ↩︎
- 69. BERLANGA, ‘El Flamenco, un Arte…’, op. cit. «compás de tango (binario), compás de fandango (ternario) y compás de amalgama de 12, el compás flamenco con más personalidad distintiva. El compás de
amalgama de 12 tiempos, tiene a su vez tres modos de hacerse: compás de petenera/guajira, compás de soleá y compás de seguiriya» [TdA]. ↩︎ - 70. PÉREZ FRUTOS, ‘Tratamiento de la voz…’, op. cit., p. 18. ↩︎
- 71. BERLANGA, ‘El Flamenco, un Arte…’, op. cit. «La medición del ritmo en el flamenco no funciona como un marco cuadriculado en el que cante, toque y baile tengan que enmarcarse con la precisión de un
metrónomo: no se canta (o toca o baila) en función del compás, sino que éste está al servicio de la expresión musical. […] En la expresión musical flamenca se hace presente una particular tensión entre flexibilidad rítmica – especialmente en el cante– y la exactitud del compás. Cuando canta, el cantaor tiene en mente decir bien los tercios o frases del cante. Si la estructura de los cantes se articula principalmente a través de la melodía, entonces el compás está en función del fraseo musical, y no al revés. Esto es compatible con el hecho de que cuando se canta para el baile, el compás es tan importante como el fraseo melódico. […] Con la guitarra sucede otro tanto: juega un papel clave para marcar el compás, pero no lo marca de manera absolutamente isócrona, cuadriculada» [TdA]. ↩︎ - 72. ORDÓNEZ ESLAVA, ‘La creación musical de Mauricio…’, op. cit., p. 221. «palos de ritmo libre como la toná, de tempo lento como la seguiriya o tan ‘festeros’ como la bulería» [TdA]. ↩︎
- 73. SOTELO, ‘Soy compositor…’, op. cit. «[…] una bulería o una solea se cuentan en doce tiempos. Los endecasílabos los metemos en su sitio. Este tipo de cosas las hemos trabajado mucho con el texto. Nos movemos todos en clave flamenca, para mantener la frescura. Aquí somos todos flamencos» [TdA]. ↩︎
- 74. Cfr. il punto di quest’analisi incentrato sulla melodia. ↩︎
- 75. Pérez Frutos già lo indica in modo decisivo: «Toná, poi viene trasformata in Martinete» [TdA], in PÉREZ FRUTOS, ‘Tratamiento de la voz…’, op. cit., p. 16, così come questo testo popolare scelto da Sotelo per Audéeis si apre con l’indicazione «Toná y Martinete». Dall’altro lato, in De Oscura llama, pezzo composto per ensemble e terminato nel 2008, questo stesso passaggio viene utilizzato di nuovo –Toná y Martinete– presentando in questa occasione il titolo «Martinete de medianoche» (Martinete di mezzanotte), cfr. MAURICIO SOTELO, De oscura llama, UE 34 642, Viena, Universal Edition, 2008, p.142. ↩︎
- 76. ORDÓNEZ ESLAVA, ‘La creación musical de Mauricio…’, op. cit., p. 173, si fa riferimento a GÓMEZ, ‘Cantes y estilos…’, op. cit., p.106. «Este uso instrumental [Sotelo utiliza el yunque en la percusión] alude
inevitablemente al martinete, un ‘cante de faena asociado a la fragua’, por lo que se propone en escena ‘con el golpeo de las herramientas’; de aquí que este objeto asociado al trabajo del herrero se adopte como percusión con utilización rítmica, puesto que el canto se somete a su compás» [TdA]. ↩︎ - 76. PÉREZ FRUTOS, ‘Tratamiento de la voz…’, op. cit., p. 20. «hemiolia de un compás de 6/8 en un compás de 3/4» [TdA]. Sul termine ‘emiolia’: «nel sistema metrico moderno denota l’articolazione di due unità di metro triplo come se fossero annotate come tre unità di metro doppio» [TdA], secondo Julian Rushton, ‘‘Hemiola’, in Grove Music Online. ↩︎
- 78. Per l’elaborazione della figura 8 si è preso come punto di partenza una delle figure utilizzate da Pérez
Frutos alla fine del suo articolo, cfr. PÉREZ FRUTOS, ‘Tratamiento de la voz…’, op. cit. Tuttavia, la figura che qui si mostra presenta alcune variazioni –riguardo la figura di Pérez Frutos– dopo aver verificato l’informazione con la partitura dell’opera-oggetto in esame, cfr. SOTELO, ‘Audéeis’, op. cit. ↩︎ - 79. SOTELO, ‘Muros…’, op. cit., pp. 3-4, en ORDÓNEZ ESLAVA, ‘La creación musical de Mauricio…’, op. cit., p. «del largo camino de trabajo recorrido junto al maestro de tabla hindú Trilok Gurtu» [TdA]. ↩︎
- 80. Dopo la collaborazione di Sotelo con Trilok Gurtu durante la composizione di Chalan (2003), si possono
osservare ‘orme’ di musica indiana in alcuni passaggi di Artemis e Audéeis (ambedue del 2004) o in pezzi più recenti come Luz sobre lienzo, per violino, bailaora (ballerina flamenca), percussione ed elettronica, dedicato alla violinista Patricia Kopatchinskaja, cfr. MAURICIO SOTELO, Luz sobre lienzo, Viena, Universal Edition, 2008. ↩︎ - 81. GÜNTHER, ‘Chalan (Work introduction)’, op. cit. Per un trattamento più specifico del termine, cfr. CHANDRA COURTNEY & DAVID COURTNEY, Bol (The Syllables), CHANDRAKANTHA.COM [online]. <https://chandrakantha.com/music-and-dance/i-class-music/tala-tal/#bol> [ultima consultazione: 15
gennaio 2025]. «La sillaba mnemonica si conosce come ‘bol’. Questo deriva dalla parola [in hindi] ‘bolna’ che significa ‘parlare’. Il concetto ‘bol’ presenta numerose caratteristiche diverse. Esse dipendono dal modo in cui il ‘bol’ è collegato alla tecnica della tabla» [TdA]. ↩︎ - 82. NB.: anche se entrambe le partiture presentano queste sillabe, esse non si percepiscono nella registrazione di Audéeis della Biennale di Salisburgo (MAURICIO SOTELO, ‘Audéeis’, Salzburg Biennale: Festival for New Music 2009, NEOS Music, 2013, cfr. <https://www.youtube.com/watch?v=9X3yml9wf-8> [ultima consultazione: 15 gennaio 2025]); mentre invece esse sì sono percettibili nella recente registrazione di Artemis (MAURICIO SOTELO, ‘String Quartet No. 2 «Artemis»’, Quatuor Diotima, Naïve Classique, 2021, cfr. <https://www.youtube.com/watch?v=KmfV6t4uS4Y> [ultima consultazione: 15 gennaio 2025]). ↩︎
- 83. SOTELO, ‘Luigi Nono o el…’, op. cit., p. 27. «Este ‘…geheimere Welt…’, o secretísimo mundo –como reza la cita de Hölderlin que encabeza la primera página del cuarteto [de Nono]– constituiría, para nosotros, un primer documento de trabajo del compositor, que certificaría la consumación de un paso definitivo en la
conquista de un espacio renovado de la escucha» [TdA]. ↩︎ - 84. NB.: Sotelo fa riferimento all’ornamentazione araba riguardo alla voce del cantaor «ricca di fioriti arabes- -chi, –come quelli che si vedono in uno di quei muri dell’Alhambra» [TdA]. Cfr. il ‘frammento di diario’ che apre il punto di quest’analisi incentrato sulla melodia, p. 29. ↩︎
- 85. JOSÉ MARÍA SÁNCHEZ-VERDÚ, Maqbara. Epitafio para voz y gran orquesta, (2000), Madrid, Editorial de Música Española Contemporánea, 2004. Cit. in ORDÓNEZ ESLAVA, ‘La creación musical de Mauricio…’, op. cit., p. 304. «La utilización de susurrados, de fragmentos poéticos por parte de los músicos, tiene en mi obra una función similar a la de los textos epigráficos en el arte nazarí, por citar un ejemplo. Los textos que aparecen en casi todas las estancias de la Alhambra (versos y textos del Corán, profanos, etc.) tienen una función no sólo ornamental sino también semántica: el arquitecto musulmán ha dotado a cada
espacio – un jardín, una fuente, una estancia– de unas perspectivas semánticas que pueden o no sepercibidas por el visitante, pero que forman parte de la ‘profundidad’ intrínseca a cada espacio, a cada ámara, a cada esquina» [TdA]. ↩︎ - 86. PRIETO, ‘Entrevista con Cañizares’, op. cit. «Con Sotelo siempre tienes los pies en la tierra y la
imaginación volando [¡soñando!]. En todo momento sabes si lo que oyes es una bulería o unos tangos
mientras tu imaginación está flotando en un universo [océano] sonoro coherente» [TdA]. Le puntualizzazioni proprie tra parentesi quadre sono state aggiunte a posteriori in quest’analisi per collegare la citazione scelta ad alcune delle idee che attraversano queste pagine, quindi non appartengono alle parole di Cañizares. ↩︎ - 87. SOTELO, ‘Luigi Nono o el…’, op. cit., p. 26. «Nace, como resto o sedimento de cada naufragio, un
territorio nuevo. Territorio que se define como una suerte de escritura interna, fragmentaria, de la que los
exiguos trazos en la partitura serían sólo como el mínimo ‘diario de un caminante’» [TdA]. (*) La data
corrisponde alla pubblicazione della rivista nella quale si trova l’articolo di Sotelo dedicato a Luigi Nono. ↩︎ - 88. SOTELO, ‘Memoriæ’, op. cit. ↩︎
- 89. SOTELO, ‘Luigi Nono o el…’, op. cit., p. 26. «un cierto soporte de la memoria» [TdA]. Sotelo sottolinea
l’importanza della collaborazione con gli interpreti: «’Cantano’ questi segni solo ciò che la memoria degli interpreti ormai sa o ha saputo. Non sono, quindi, la vera scrittura, bensì la testimonianza di quell’altra scrittura interiore, ricchissima, poderosissima, vibrante e dolorosa. Queste esperienze di lavoro apparentemente ‘caotiche’ e non facili da comprendere da qualsiasi nuovo collaboratore, sono fondate su un
pensiero che fugge da qualunque metodologia ‘meccanicista’, unidirezionale u ‘ordinata’» [TdA]. ↩︎ - 90. ANTONIO MACHADO, Campos de Castilla, Madrid, Renacimiento, 1912. «no hay camino | se hace camino al andar» [TdA]. ↩︎
- 91. VARÈSE & WEN-CHUNG. ‘The Liberation…’, op. cit., p. 16. «Concebir la forma musical como una resultante –el resultado de un proceso, me ha sorprendido lo que me pareció una analogía entre la formación de mis composiciones y el fenómeno de la cristalización. […] ‘La forma del cristal es en sí misma una resultante [la palabra exacta que he utilizado para referirme a la forma musical] más que un atributo primario. La forma del cristal es la consecuencia de una interacción de fuerzas atractivas y repulsivas y el complejo ordenado del átomo’. Esto, creo, sugiere mejor el modo en el cual mis obras son construidas que
cualquier otra explicación que yo [Varèse] pudiese dar al respecto» [TdA]. ↩︎ - 92. IRIZO, ‘Entrevista a Mauricio…’, op. cit., p. 5 [del pdf]. «he llegado a la convicción de que no se puede
leer la música de la partitura. Quiero decir que hay que descifrarla, desnudar su interioridad y la partitura
puede entonces ser un leve soporte de la memoria» [TdA]. ↩︎ - 93. Di seguito appaiono in maiuscoletto. ↩︎
- 94. Tranne “l’oasis marino” –La Mer– a battuta 37, p. 5, cfr. SOTELO, ‘Audéeis’, op. cit. ↩︎
- 95. Cfr. il punto di quest’analisi incentrato sulla sonorità. ↩︎
- 96. Cfr. il punto di quest’analisi incentrato sulla melodia. ↩︎
- 97. Si confrontino bb. 63-177 di Audéeis e bb. 1-61 di Estremecido por el viento. NB.: a battuta 34 del pezzo per violino solo non appariva ancora l’indicazione «appassionato». ↩︎
- 98. Si confrontino bb. 179-235 di Audéeis e le battute finali di Chalan, bb. 176-195. ↩︎
- 99. Cfr. il punto di quest’analisi incentrato sulla sonorità, pp. 14-21. ↩︎
- 100. Corrisponde alla sezione percussiva di Audéeis dov’è protagonista la percussione flamenca del cantaor –il cajón– insieme al quartetto d’archi ‘senza suono’. ↩︎
- 101. Si confrontino bb. 174-177 di Audéeis e bb. 90-94 di Degli eroici furori (2001-2002). NB.: in Degli eroici furori la Bulería viene indicata prima, a partire da b. 86. Dall’altro lato, si può verificare la somiglianza tra questo materiale utilizzato in Audéeis e le bb. 59-61 del già citato Estremecido por el viento (2003). ↩︎
- 102. Voce aggiunta a mo’ de palinsesto sulla sezione esclusivamente percussiva di Artemis. Cfr. il punto di
quest’analisi incentrato sulla sonorità. ↩︎ - 103. Cfr. il punto di quest’analisi incentrato sulla melodia. ↩︎
- 104. L’indicazione in tedesco ‘nachdenklich’ si può tradurre come ‘pensieroso o assorto’. Sotelo fa riferimento al termine quando abborda la musica del suo maestro Nono: «Una scrittura-pensiero, una
scrittura-spazio, una scrittura-architettura del suono e dell’ascolto. E questa scrittura deve, necessariamente, essere spogliata di tutto l’elemento ‘narrativo’, di tutto il ritmo progressivo, di tutta l’apparenza figurativa, di tutto ‘l’intrattenimento’ del proprio tratto, per permettere, questo sì, un ‘ensimismamiento’ [‘sogno a occhi aperti’] del suono. Sorge così una scrittura radicalmente austera, ma aperta all’infinito» [TdA], in SOTELO, ‘Luigi Nono o el…’, op. cit., p. 25. NB.: la correlazione fra questo ‘aperto all’infinito’ e la poetica di Valente o il «ins freie» di Rilke commentati lungo queste pagine. ↩︎ - 105. Cfr. il punto di quest’analisi incentrato sull’armonia. ↩︎
- 106. SOTELO, ‘Luigi Nono o el…’, op. cit., p. 26. «nacen después de cada naufragio» [TdA]. ↩︎
- 107. All’inizio (p. 1, bb. 7-9): violino secondo insieme alla viola, e violino primo insieme al violoncello, mentre invece alla fine (p. 61, bb. 555-558): viola e violino secondo. Cfr. SOTELO, ‘Audéeis’, op. cit. ↩︎
- 108. Cfr. b. 488, in SOTELO, ‘Audéeis’, op. cit., p.50. [Questa battuta si può consultare nella figura 8]. ↩︎
- 109. CORTÁZAR, ‘Rayuela’, op. cit., p. 564 [capitolo 82]. «Hay jirones, impulsos, bloques, y todo busca una forma, entonces entra en juego el ritmo [de swing] y yo escribo dentro de ese ritmo, escribo por él, movido por él y no por eso que llaman el pensamiento y que hace la prosa, literaria u otra» [TdA]. Nelle note a piè di pagina dell’edizione di Andrés Amorós appare il seguente chiarimento: «Ha dichiarato Cortázar a Evelyn Picon qualcosa di molto simile a ciò che egli espone in questo capitolo: ‘Il jazz mi insegnò una certa sensibilità di swing, di ritmo, nel mio stile di scrittura. Per me le frasi hanno uno swing come l’hanno i finali dei miei racconti, un ritmo che è assolutamente necessario per comprendere il significato del racconto’» [TdA]. ↩︎
- 110. Ambedue i termini seguono alcune delle idee di Sotelo presentate in queste pagine. ↩︎
- 111. Cfr. i punti di quest’analisi incentrati sulla sonorità e la melodia. ↩︎
- 112. Si possono consultare in quest’analisi le parti I e II. ↩︎
- 113. Cfr. il punto di quest’analisi incentrato sulla sonorità. ↩︎
- 114. In questa prima parte di Audéeis solo si aggiungono alcune indicazioni di ‘gran pausa’ (G.P), qualche
cambiamento molto sottile di dinamica (es. p invece di pp) e l’indicazione retorica ‘La Mer’. ↩︎ - 115. «Cima del canto» in VALENTE, ‘Antología…’, op. cit. ↩︎
- 116. HORATIU RADULESCU, Sound plasma – Music of the Futur Sign or My D High Opus 19∞, Munich, Edition Modern, 1975. Cit. in PEDRO ORDOÑEZ ESLAVA, Postespectralismo(s) musical(es) en la creación contemporánea española. (Su)pervivencias del último relato compositivo, Revista de Musicología, vol. 40, no. 1, Sociedad Española de Musicología (SEDEM), 2017, pp. 195-220, p. 166. «El sonido, en sí mismo, es un océano de vibraciones sin fin» [TdA]. (*) La frase apparve alle letture di Radulescu tenute ai corsi di Darmstadt del 1972, essendo pubblicata posteriormente nel 1975. ↩︎
- 117. ROJO DÍAZ, ‘Entrevista a Mauricio…’, op. cit. «recreación de la memoria, recuerdo importante» [TdA]. Spiega Sotelo: «Ce ne sono altri [riferimenti a Morente] per i quali nemmeno cerco la partitura, bensì ho l’ambiente sonoro in testa e si produce una sorta di ricreazione della memoria, un ricordo che mi sembra
importante» [TdA]. ↩︎ - 118. LUCIANO BERIO, Un ricordo al futuro. Lezione americane, Torino, Giulio Einaudi editore, 2006. ↩︎
- 119. Ivi., p. 102. ↩︎
- 120. Per limitare le dimensioni dell’analisi, non si è approfondito –ad eccezione degli opportuni riferimenti alla musica di Luigi Nono e alle tecniche strumentali di Helmut Lachenmann– sugli antecedenti di Audéeis che si possono trovare in produzioni musicali di altri compositori. Ciò nonostante si commentano qui, brevemente, due pezzi che potrebbero essere di interesse al lettore al momento di mettere in prospettiva l’opera-oggetto in esame. In primo luogo, gli ultimi due movimenti del secondo quartetto d’archi (1909) di Arnold Schönberg –nei quali il compositore austriaco introduce la voce di un soprano insieme al quartetto– potrebbero essere considerati un antecedente classico del quartetto con cantaor flamenco di Sotelo. In secondo luogo, il lavoro di mimesi che presentano gli archi in Audéeis per ‘imitare’ la voce del cantaor rivela qualche somiglianza con il lavoro elaborato da Salvatore Sciarrino in pezzi come Infinito nero (1998) o Il giardino di Sara (2008). I glissati e le articolazioni impiegate sugli archi (così come sui fiati), sommati alle curate indicazioni timbriche e di dinamica, raggiungono risultati molto simili a quelli della voce cantata. Da notare le parole di Sciarrino con le quali apre le note di programma di Il giardino di Sara (sebbene si tratti di un’opera posteriore ad Audéeis): «Vivere dentro un sogno che si disfa», cfr. SALVATORE SCIARRINO, Il giardino di Sara, Roma, Milano, Edizioni Musicali Rai Trade, 2009). Se intendessimo il vivere come camminare, non ci ritroveremmo di fronte ai ‘cammini sognati’ di Luigi Nono? ↩︎
- 121. IRIZO, ‘Entrevista a Mauricio…’, op. cit., pp. 8-9 [del pdf]. «C.I.- El flamenco no solo se interpreta, se vive, es una filosofía de vida. En ese sentido los músicos clásicos ¿cómo estamos? | Sotelo.- Aprendiendo a ‘caminar soñando’, que diría Nono» [TdA]. ↩︎