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I TESTI LETTI NELL’ACQUA
Dopo aver contestualizzato le parole utilizzate dallo stesso compositore per presentare il suo pezzo, concentriamoci su una delle prime individualità che presenta Audéeis riguardo alla sua predecessora Artemis: il titolo. Mentre nel caso di Artemis ci troviamo di fronte a un chiaro omaggio al quartetto omonimo al quale è dedicata l’opera, in Audéeis il significato del termine greco getta un po ’di luce sugli intenti del compositore madrileno in questa seconda versione con cantaor. Come indica Frank Haase in un suo testo incentrato su Esiodo e Platone, audéeis fa riferimento al ‘discorso umano’ ceduto dagli dèi per poter materializzare la loro voce divina nella terra, in modo che essa potesse essere udita.1 Si potrebbe dedurre dunque cha la voce umana del cantaor e la sua proiezione tramite l’utilizzo del cajón nella sezione ritmica di Audéeis sono materializzazioni umane dell’«immaginata voce flamenca» e il «virtuale strumento di percussione» affidati al quartetto d’archi in Artemis.2 Un’altra individualità testuale che troviamo in Audéeis è l’utilizzo di testi popolari del flamenco contrappuntate3 con poesie di Valente: i testi cantati dal cantaor durante l’opera. Alcune delle melodie di questi testi ‘apparivano’ già, anche se in un modo esclusivamente strumentale (senza traccia di consonanti), nella versione per quartetto d’archi di Artemis, mentre altri testi –come ad esempio i due poemi di José Ángel Valente– sono stati aggiunti a posteriori sulla struttura ‘quasi’ invariabile del quartetto originando così una sorta di palinsesto.4
Nella partitura appaiono raccolti all’inizio i testi che sono stati utilizzati nella parte del cantaor specificandosi le fonti dalle quali essi sono stati tratti.
Successivamente si mostra detta informazione completandola con la sua traduzione all’italiano:
MARTINETE Y TONÁ, popular
Yo soy un pozo de fatigas
que un buen manantial tenía
ay a la par que crece el agua
van creciendo mis fatigas.
Aquel que tiene tres viñas
(y el pueblo le quita dos)
que se conforme con una
y le de gracias a Dios.
BULERÍA, popular
La hierbabuena regarla
la que no esté de recibo
con la manita apartala.
SIGUIRIYA, popular
Si a caso me muero
pago con la vida.
JOSÉ ÁNGEL VALENTE, 1995
Si cortamos el tronco del cerezo
no hallaremos las flores en él:
la primavera sola tiene
la semilla del florecer.
JOSÉ ÁNGEL VALENTE, 25. V. 2000
Cima del canto.
El ruiseñor y tú
ya sois lo mismo.
MARTINETE E TONÁ, popolare
Io sono un pozzo di fatiche
che una buona sorgente aveva
ay insieme all’acqua che cresce
crescono le mie fatiche.
Chi ha tre vigne
(e il popolo gliene toglie due)
che se ne conformi con una
e dia grazie a Dio.
BULERÍA, popolare
Innaffi la menta gentile
quella che non sia decente
con la manina mettila da parte.
SIGUIRIYA, popolare
Nel caso io muoia
Pagherò con la mia vita.
JOSÉ ÁNGEL VALENTE, 1995
Se tagliassimo il tronco del ciliegio
non troveremmo i fiori all’interno:
la primavera è l’unica
che ha il seme del fiorire.
JOSÉ ÁNGEL VALENTE, 25. V. 2000
Cima del canto.
L’usignolo e te
ormai siete lo stesso.
Ambedue i poemi appartengono all’ultima produzione del poeta spagnolo inserita nella sua raccolta di poesie Fragmentos de un libro futuro,5 la quale comprende le poesie scritte dal 1991 fino alla sua morte nel 2000. Il primo dei due poemi utilizzati corresponde a Koan del árbol, versión del 1996,6 mentre il secondo, poema con il quale Sotelo conclude l’ultimo intervento del cantaor in Audéeis, è l’ultimo poema scritto da Valente di cui si ha notizia documentata, Anónimo: versión7 dell’anno 2000.
Il fatto di contrappuntare testi popolari del flamenco con le poesie di José Ángel Valente viene giustificato in quanto risultato della fermentazione che costituisce l’oceano sonoro di Sotelo, così come per l’interesse che il proprio poeta anche professava per questa tradizione.8 Per ultimo, menzionare come il testo di partenza viene leggermente modificato da Sotelo durante l’adeguamento al cante flamenco, articolando i versi di Valente con alcuni Quejíos (‘spazi vocalici’ – melismatici– sull’interiezione ‘ay’) oppure attuando ripetizioni per ‘rispettare’ la
struttura delle strofe popolari, come può essere osservato nella ripetizione finale di Cima del canto:
Cima del canto ay cima del canto
el ruiseñor y tú ay ya sois lo mismo
Cima del canto ay cima del canto
Oltre a questi testi che costituiscono le melodie del cantaor, Sotelo impregna la propria partitura con svariate indicazioni testuali che sebbene in alcune occasioni abbiano una funzione rigorosamente tecnica, in altre lasciano intravedere la poetica del proprio oceano sonoro fino al punto di svolgere persino il ruolo di ‘cartelli’ che servono a segnare il percorso poetico dell’opera. Nelle pagine di Audéeis convivono lo spagnolo nativo di Sotelo con l’italiano del suo maestro e il tedesco degli anni di studi a Vienna. Curiosamene, c’è un’unica presenza del francese che come già accennato prima potrebbe riferirsi ad alcuni versi di Valéry,9 così come alcune sillabe indiane compaiono brevemente per ‘esigenze’ della musica tradizionale indiana.10 Per quanto riguarda l’inglese della legenda, si potrebbe affermare che si tratti soltanto di una scelta obiettivamente pratica.
Tornando alla coesistenza delle tre lingue che qui ci interessano, nonostante il fatto che lungo l’opera esse si succedano in un modo che a prima vista potrebbe sembrarci caotico, nonostante tutto ciò, si può trovare una certa logica che giustificherebbe la scelta fatta da Sotelo come alternativa a ciò che sarebbe stata l’unificazione di tutte le indicazioni sotto una stessa lingua. I riferimenti alla tradizione del flamenco vengono fatti in spagnolo mentre le indicazioni tecniche sono specificate agli interpreti (tranne poche eccezioni) in italiano. Toná (p. 9, b. 63), Bulería (p. 29, b. 235) e Seguiriya11 (p. 50, b. 485) sono fornite come ‘cartelli’ in modo da orientarci lungo il percorso poetico, così come l’indicazione come ‘canto hondo’ 12 appare in numerose occasioni accompagnando gli stru-menti del quartetto d’archi. I termini propri del flamenco come ‘cantaor’ e ‘cajón’ anche trovano il suo luogo fra le pagine dell’opera, arrivando persino a indicarsi il nome dell’interprete per il quale è stata concepita la parte della percussione flamenca, insieme a quella del cante: Arcángel.13
In italiano, oltre alle indicazioni puramente tecniche come «con variazioni, cambia timbro, colori sempre diversi» (p. 29, b. 246), «Cello con la voce… come percussione» (p. 45, b. 413), «improvvisativo / ben ritmico» (p. 45, b. 417), troviamo altre più retoriche come suono ombra (p. 9, b. 63), appassionato (p. 22, b. 149) oppure suono cristallo (p. 55, b. 507), le quali coinvolgono l’immaginario degli interpreti per arricchire la loro interpretazione musicale.
L’uso del tedesco –al di là di qualche indicazione tecnica che accompagna quelle in italiano–14 è più enigmatico e quindi rilevante per l’analisi. La maggior parte delle indicazioni in tedesco sono di carattere retorico: wellenartig (p. 2, b. 14: ondulato, di onde), geheimnisvoll (p. 45, b. 413: misterioso, segreto) o nachdenklich (p. 59, b. 537: assorto, meditativo). Se a queste ultime aggiungiamo due delle poche indicazioni tecniche che non appaiono in italiano lungo il pezzo: leichte Akzente (p. 25, b. 179: lievi accenti) e pizz.’Hindu’ (p. 25, b. 179: pizz. ‘indiano’),
troviamo qualche indizio che ci conferma il legame diretto fra Artemis (e di conseguenza Audéeis) con Chalan, il pezzo orchestrale del 2003 nel quale Sotelo approfondì la musica tradizionale indiana. Come vedremo più avanti, alcuni passaggi di Artemis e Audéeis sono adattamenti di certe parti di Chalan adeguate ad un organico da camera. Questi indizi testuali ci consentono di trovare altri collegamenti tra la nostra opera-oggetto in esame e altre opere della produzione di Sotelo. Ad esempio, il primo intervento del cantaor è accompagnato dall’indicazione in tedesco mikro (p. 9, b. 67), indicazione ormai utilizzata nel pezzo per violino composto un anno prima nel quale appare in modo più completo: «Die Mikro-Intervalle werden immer leicht hervor-gehoben» (Microintervalli sempre leggermente in rilievo). Ed è che quando si paragona la melodia del cantaor in questo passaggio di Audéeis alla linea iniziale di Estremecido por el viento per violino solo, si constata che ambedue sono identiche.
Il punto nel quale confluiscono un maggior numero di opere viene segnato dall’indicazione, in questo caso in italiano, ricorda! (p. 28, b. 233). Si tratta di un passaggio che già appariva nel primo quartetto d’archi Degli eroici furori (2001), così come nelle due opere di 2003 accennate prima: Estremecido por el viento (per violino solo) e Chalan (per orchestra), e ancora in Artemis e Audéeis: una sorta di incrocio musicale nel quale queste cinque opere condividono un punto/ricordo in comune. D’altra parte, nel caso dell’indicazione suono cristallo (p. 55, b. 507) ci
troviamo di fronte ad una connessione che si produce a livello timbrico fra Audéeis e Si después de morir…,15 opera per cantaor e orchestra su un poemaomonimo di José Angel Valente, terminata nel 2000 e dedicata alla memoria del poeta dopo la sua morte nello stesso anno. È curioso che nella partitura di Artemis questa sfumatura retorica non appare, sebbene si tratti di un passaggio identico a quello di Audéeis. Tuttavia, come accennato prima, le poesie di Valente sono state aggiunte a posteriori in Audéeis a modo di palinsesto sulla base di Artemis, poesie che manifestano la presenza di Valente nella nuova versione e di fonte alla quale Sotelo sembra voler precisare –tramite una ‘semplice’ indicazione– che il timbro ‘di cristallo’ che qui viene utilizzato è legato in qualche modo a una delle opere più significative del suo rapporto con Valente.
Martedì 31 agosto 2004
«Potremmo parlare del tentativo di creare uno strumento musicale nuovo,sulla base di una antica prassi musicale: il Flamenco. […] Un quartetto d’archi che diventa immaginata voce flamenca, così come virtuale strumento di percussione».16
LA SONORITÀ LETTA NELL’ACQUA
L’«immaginata voce flamenca» e il «virtuale strumento di percussione» creati da Sotelo in Artemis si materializzano in Audéeis tramite l’incorporazione del cantaor e del suo cajón. L’idea di utilizzare il quartetto –posteriormente aggiungendone la voce– come una sintesi, come un insieme di componenti di un medesimo tutto, si rispecchia nella sonorità dell’opera in modo significativo con l’utilizzo dell’eterofonia.17 Essendo essa una delle strutture impiegate più caratteristiche del pezzo, soprattutto quando si crea l’«immaginata voce flamenca» che in Audéeis diventa l’ombra della voce di Arcángel. Con la finalità di osservare la ricreazione della «voce immaginata» per il quartetto e la sua successiva concretezza nella voce con testo del cantaor, cfr. lo stesso passaggio eterofonico di Artemis (p. 10, b. 70 e ss.) e Audéeis (p. 10, b. 70 e ss.). Nel caso di Audéeis si può osservare come la parte della viola è uguale a quella del cantaor. Il rigoroso unisono genera un nuovo timbro e facilita una sintesi più omogenea con il resto del quartetto. Il violoncello sostiene la linea principale un’ottava sotto
rispettandola la maggior parte del tempo. Tuttavia, talvolta presenta qualche ‘semplificazione’ dove rimane ‘immobile’ agendo come una sorta di risonanza che sporca –arricchisce– il risultato finale. Su un piano più ‘lontano’ i due violini agiscono come un’ombra cristallina –semplificata tramite l’omissione delle acciaccature microtonali– costituita dai ‘riflessi’ della linea principale nel registro acuto18 e sempre sul ponticello (timbrica specificata prima insieme all’indicazione retorica suono ombra, p. 8, bb. 56-59). Nelle aree più melismatiche dello ‘spazio vocalico’ –cfr. la settimina oppure la quintina a battuta 71– l’articolazione del tremolo viene aggiunta a entrambi gli strumenti per aiutare nella sfumatura dei loro contorni, generando una sensazione timbrica che si assomiglia a quella di un miraggio.
Per quanto riguarda il «virtuale strumento di percussione» e la sua successiva materializzazione nel cajón del cantaor, cfr. lo stesso passaggio di Artemis (p. 26, b. 257 e ss.) e Audéeis (p. 30, b. 255 e ss.) per esaminare come una sorta di hochetus19 più o meno libero –elaborato nel quartetto ‘senza suono’– diventa il ‘velo ’spazializzato del continum affidato al cajón in Audéeis. L’hochetus libero nel quale gli strumenti del quartetto si succedono –a volte con lievi sovrapposizioni– come se fossero le diverse parti di uno stesso metastrumento di percussione,
aderisce al nuovo strato di percussione che si estende lungo la sezione percussiva del pezzo per mano del cajón flamenco. Si tratta di un nuovo strato che agisce come palinsesto ridefinendo la struttura di partenza e procurando all’insieme una certa stabilità. Seguendo questa linea di percussione aggiunta arriviamo all’utilizzo di las palmas (i palmi) –di chiare connotazioni flamenche– che sostituiscono il cajón (p. 32, b. 285) per sfociare finalmente nella voce del cantaor (p. 34, b. 306). Questa voce nuda, presentata senza il precedente lavoro eterofonico,20 ridefinisce ancora le strutture di Artemis che vengono rielaborate in Audéeis, costituendo in questo caso una nuova sezione nella quale una sorta di ‘cante (melodia) accompagnato’ è il protagonista.
Un altro esempio di struttura ridefinita –e quindi un’altra individualità che presenta Audéeis riguardo ad Artemis– si produce verso la fine del pezzo nel passaggio che Sotelo denomina «risonanza di ciò che fu una voce vibrante». In Audéeis questa voce vibrante si sovrappone al lavoro affidato al quartetto d’archi in Artemis vedendosi materializzata nel cante di Arcángel. Si presentano allora i due ultimi testi dell’opera: la siguiriya e l’ultimo poema di José Ángel Valente. In questo caso, il palinsesto genera un dialogo fra la prima e la seconda versione, vale a dire, fra gli ‘echi’ di ciò che fu «una [in Artemis assente] voce vibrante» e gli ultimi interventi di Arcángel. Si genera una struttura di discanto fra il cantaor e il violino primo accompagnata dalla risonanza tenuta dal resto del quartetto.
Una risonanza che viene appena modificata riguardo all’originale di Artemis tranne quando essa si estende ad alcune delle battute aggiunte in Audéeis per ‘esigenze’ del testo cantato.21
In quei punti in cui non interviene il cantaor –né cantando né con la percussione flamenca– Audéeis mantiene intatte le strutture che già apparivano in Artemis. Di conseguenza, l’inizio e la fine di entrambi i pezzi rimane praticamente identico. Prima del primo intervento del cantaor si possono distinguere due strutture comuni nella scrittura per quartetto d’archi. In primo luogo, un accenno22 quasi senza suono di ciò che diventerà il ‘telaio’ ritmico di gran parte del pezzo: ci troviamo forse di fronte agli indizi latenti di ció che più avanti sarà
la bulería centrale o la seguiriya finale (ritmiche contenute in battute di 3/4 e 6/8).23 Si tratta di una struttura diafana e ‘incompleta’24 generata sicuramente – come vedremo più avanti– tramite sottrazioni. E in secondo luogo una struttura contrappuntistica prodotta da successive sovrapposizioni di frammenti di scale ascendenti che si dispiegano fluendo attraverso la struttura-telaio iniziale per poi sciogliersi in modo graduale (p. 5, b. 38). Questa ‘convivenza’ di strutture consente di supporre che ambedue potrebbero essere in realtà diversi ‘gradi’ di una medesima struttura originaria, dove la prima sarebbe uno strato ‘semplificato’ della seconda (dopo averle sottratto il materiale scalare). Il fatto che questa sezione sia una delle rielaborazioni per quartetto d’archi di uno dei passaggi
orchestrali di Chalan rafforza l’idea di considerare entrambe le strutture di Audéeis (e Artemis) come rielaborazioni più o meno fedeli dell’originale. Secondo questa ipotesi, l’inizio corrisponderebbe a un lavoro incentrato esclusivamente sulle parti di Chalan svolte dagli ottoni (corno in fa, tromboni e tuba), la percussione (water gong) e il pianoforte; mentre la seconda struttura (segnata con Wellenartig, indicazione che già appariva nel passaggio corrispondente di Chalan) coprirebbe anche il lavoro di scale della sezione degli archi. Per verificare le
rielaborazioni appena accennate, cfr. Chalan (p. 8, b. 19 e ss.) e i due frammenti riportati a continuazione, che esemplificano le strutture –rielaborazioni– iniziali di Audéeis.
Oltre ai numerosi adeguamenti dalla struttura orchestrale originale al contesto da camera del quartetto d’archi, si deve tenere conto dei cambiamenti effettuatiriguardo alle battute e le indicazioni di tempo. Tuttavia, sebbene da una certa distanza, le similitudini fra entrambe le opere sono notabili. Dette similitudini sono raffermate dal compositore tramite l’utilizzo delle stesse indicazioni retoriche e l’identico materiale scalare.25
Il lavoro iniziale –al quale Sotelo si riferiva come l’«alito» o l’«informe»– viene ripreso alla fine del pezzo presentando ancora la struttura diafana accennata prima, come se l’applicazione di ulteriori ‘sottrazioni’ svelassero quello strato ‘esile’ che rimane dall’inizio. Si tratta di una chiusura ciclica che offre al percorso realizzato finora di una certa forma nel presentare un punto comune di ritorno rivisitato in modo quasi retrogrado (ma incompleto). Un’altra struttura si è presentata fra questo punto comune e quello che è stato l’ultimo intervento del cantaor: una struttura contrappuntistica a mo ’di ordito nella quale si intrecciano tratti –ascendenti e discendenti– costituiti da intervalli di quinta e quarta.26 Da notare come gli interventi degli strumenti del quartetto si succedono –sebbene
alcuni rimangano in un secondo piano a modo di riso-nanza– ricordando l’hochetus libero della sezione percussiva, cioè, disponendo nello spazio dei frammenti melodici (brevi successioni di intervalli) che nell’in-sieme del quartetto sembrano costituire il tratto melodico –spazializzato– di un medesimo metastrumento d’arco.
La sonorità dell’opera dipende a sua volta dalla timbrica utilizzata da Sotelo,dai colori che tingono le acque della sua musica. A livello generale, Audéeis si differenza da Artemis per l’inclusione di timbriche proprie del flamenco, che in Artemis erano ‘soltanto’ «immaginate» o «virtuali»: il cante, il cajón e las palmas.
Dette timbriche sono tratte dalla tradizione flamenca per essere incorporate al nuovo pezzo senza appena nessun cambiamento. Si tratta quasi di un lavoro di trascrizione27 il cui risultato viene ridefinito dal contesto –in questo caso il quartetto d’archi– che lo circonda e attraversa impregnandolo fino a generare una nuova musica, unica, propria di Sotelo. Questo rispetto alla tradizione flamenca si traduce nell’utilizzo naturale dei suoi elementi, vale a dire, il cantaor, il cajón e las palmas aderiscono al contesto sperimentale del quartetto senza presentare segni di alienazione. Non intendono svolgere una funzione diversa da quella che li ha originato, non impiegano tecniche estese né ‘fingono’ (hanno bisogno di) essere un’altra cosa che non sono. Ed è che sono queste radici quelle che offrono un dialogo suggestivo con il contesto sperimentale del quartetto d’archi, contesto che a sua volta trae ispirazione dal flamenco adattandosi per assimilare in un certo senso la sua essenza.28
Mentre la vocalità del cantaor e la percussione che egli utilizza sono stati letti in acque esclusivamente flamenche, il quartetto d’archi presenta un lavoro timbrico meno usuale, soprattuto alla sezione percussiva. Senza perdere di vista la tradizione del quartetto d’archi classico, Sotelo ricorre ad acque più vicine nel tempo, cioè, a timbriche più recenti. Incorpora nuove tecniche degli strumenti ad arco sviluppate dal compositore tedesco Helmut Lachenmann. In particolare il tonlos29 e un modo originale di articolazione: colpire con la parte metallica dell’arco.30 In entrambi i casi le indicazioni appaiono in tedesco e, se consul-tiamo la bulería ‘senza suono’ ormai utilizzata nel primo quartetto –Degli Eroici Furori– con tecniche simili a quelle impiegate ad Audéeis, possiamo osservare come
Sotelo manifesta una grande ammirazione per il compositore tedesco fino al punto di specificare: «Buleria omaggio a Helmut Lachenmann».31
La timbrica della musica indiana anche trova il proprio luogo nelle acque di Audéeis determinando alcuni modi di attacco –come il pizz. ‘Hindu’ (p. 25, b. 179)– ed impregnando significativamente la sezione percussiva nella quale il cajón flamenco (e poi las palmas) convive insieme al quartetto d’archi trasfor-mato in «virtuale strumento di percussione». Sotelo specifica in legenda che «la sezione [d’archi] deve suonare con gran precisione ritmica e una ricca paletta di sonorità, come in una Tabla indiana».32
Il riferimento allo strumento indiano riafferma l’influenza del lavoro realizzato in Chalan –terminato un anno prima della composizione di Audéeis– con il maestro di tabla indiana Trilok Gurtu, essendo una prova in più di come le esperienze di Sotelo fermentano lentamente maturando la propria produzione musicale, arricchendo l’oceano sonoro.
Tuttavia, le indicazioni timbriche del quartetto d’archi implicano anche un lavoro intervallare o armonico –«non solo timbrico»–33 agendo come una sorta di ponte tra parametri musicali. Questa concezione, legata alla musica di Nono, è stata osservata e successivamente applicata alla propria musica dallo stesso Sotelo:
[…] le indicazioni del punto di sfregamento dell’arco –tra l’altro più note– ma in Nono con una funzione, insieme alla dinamica, completamente distinta. Una funzione che potremmo chiamare intervallare o microintervallare e non ‘timbrica’, o non solo timbrica. In opere, ad esempio, come Hay que caminar soñando,
per due violini, possono ascoltarsi –oltre alle diverse zone dello spettro armonico più fortemente illuminate che la propria nota fondamentale, che in tanti casi sparisce– perfino piccole variazioni o oscillazioni microintervallari, che non dipendono tanto dalla posizione della mano sinistra, ma dalla velocità, quantità, pressione e posizione dell’arco; elementi con i quali il compositore è in grado di costruire una vera ‘Skala-mikro’, senza la necessità di alterare il corpus diatonico-cromatico […].34
In questo modo, le numerose indicazioni di sfregamento dell’arco –sul ponticello, ordinario, tasto, flautando, ecc.– che percorrono le pagine di Audéeis, insieme alle precise indicazioni dinamiche che le accompagnano, non determinano soltanto una timbrica specifica del quartetto d’archi, bensì servono anche per potenziare «diverse zone dello spettro armonico», così come per generare «variazioni o oscillazioni microintervallari» in modo analogo a come succede nelle opere del compositore veneziano. Nel caso di Sotelo dette variazioni od oscillazioni microintervallari si aggiungono, però, alla microtonalità specifica presente ormai nella scrittura del quartetto d’archi, così come in quella del cantaor. Per quanto riguarda il lavoro timbrico vincolato all’arco, sono inoltre
segnalate tre tecniche significative che servono per arricchire la paletta sonora del quartetto: legno battuto,35 crine e legno36 (suono cristallo) e arco ‘barroco’ 37(barocco).
Per ultimo, come appena accennato, le dinamiche svolgono anche un ruolo fondamentale al momento di modellare la sonorità dell’opera. Nel caso di Audéeis appaiono accuratamente indicate38 percorrendo –spesso in un modo graduale– tutta la gamma dal ppp e persino pppp ‘tenuto’ (p. 55, bb. 507-512) fino al ff e puntualmente fff o ffff. In particolare questi due casi di saturazione dinamica – dove le indicazioni di fff (p. 49, b. 484)39 e ffff (p. 28, b. 228)40 appaiono in modo esplicito a livello individuale e rafforzate implicitamente a livello globale– hanno
una funzione strutturale poiché aiutano a puntualizzare il percorso poético di Audéeis. Inoltre, sottolineo il ‘tenuto’ del pppp, visto che Sotelo fa ricorso in numerose occasioni di questa sottilissima dinámica come ‘fugace’ inizio o finale di un regolatore dinamico, differenziandola dal dal/al niente che utilizza quando ha bisogno di sfumare completamente i limiti del silenzio. L’uso che Sotelo fa dei silenzi e delle loro soglie ci porta ancora all’estetica del suo maestro e ai versi del suo stimato poeta:
Nell’endecasillabo di Valente potremmo trovare la soluzione a
uno degli ‘enigmi’ del quartetto Fragmente-Stille, an Diotima […].
Ci riferiamo alle corone […], che misteriosamente riempiono le
pagine dell’opera. Scrive Nono all’inizio della partitura:Le corone sempre da sentire diverse con libera fantasia. – di spazi
sognanti – distasi improvvise- di pensieri indicibili – direspiri tranquili
[sic.] – e di silenzi da “cantare” “intemporali” [sic.]«Se oye tan sólo una infinita escucha» [Si ascolta soltanto un’in-
finito ascolto], potrebbe, effettivamente, scriversi su ognunadelle corone che, come uno spazio o vuoto, lasciano risuonare ad
infinitum i silenzi o suoni su cui riposa questa partitura.41
Oltre a lavorare sulle soglie del silenzio, Sotelo indica in occasioni la necessità di realizzare una gran pausa (G.P.) oppure di mettere qualche corona su quelli che sarebbero piccoli silenzi o persino virgole di respirazione dando lo spazio all’«infinito ascolto». Per quanto riguarda le pause misurate che si intercalano nel lavoro del quartetto –aggiungendosi talvolta il cantaor– è interes-sante tenere a mente ciò che già osservava Ordoñez Eslava riferendosi all’utilizzo che ne fa il compositore madrileno in Chalan quando segnala che «esse devono essere intese come le pause naturali che il cantaor destina alla respirazione».42
Tornando di nuovo al suono, l’impiego che fa Sotelo delle dinamiche stratificate nelle sezioni eterofoniche4389 ricorda in un certo modo alle ‘zone di intensità’ ideate da Edgard Varèse, le quali «sarebbero differenziate da diversi timbri o colori e da diversi volumi». 44
Ciò nonostante in Audéeis, sebbene queste ‘zone’ presentino – leggermente– diversi timbri e dinamiche (volumi), piuttosto costituiscono a generare un ‘tutto tridimensionale’ anziché una ‘sovrapposizione di diverse superfici’, visto che esse fanno parte di una medesima eterofonia. Di conseguenza questo uso delle dinamiche stratificate sembra cercare di ricreare tramite una sorta di sintesi additiva45 strumentale un timbro –quello della voce del cantaor–, generandone in realtà uno nuovo che fornisce all’opera una sonorità unica.
Venerdì 22 settembre 2017
«Mi sono basato molto anche sul lavoro spettrale.Cioè, se sono in re (ad esempio, dei tanghi in re) utilizzerò lo spettro della tonica e il quinto, il re e il la. A questo punto inizierò a lavorare con filtri spettrali […]. In più, utilizzo in un modo quasi letterale (letterale/moderno/avanzato) le cadenze flamenche. […] Ma sempre integrato dentro un’armonia spettrale». 46
[continua…]
- 1. FRANK HAASE, ‘On the Beginnings of Media Theory in Hesiod and Plato’, Pantelis Michelakis (ed.), Classics and Media Theory, United Kingdom, Oxford University Press, 2020, pp. 115-146. «Il divino doveva enunciare se stesso – cioè, essere semiotizzato nella struttura del discorso umano – per poter diventare udibile. La traduzione di audé come “potere interno” che è innato alla voce divina è soltanto una tenue approssimazione di ciò che viene riservato durante il portare-alla-terra del divino e che lo rende speciale. In realtà, con il termine audé Esiodo preferisce comprendere l’e-nunciazione del divino nel senso che il divino è dotato del discorso umano (audéeis), oppure il discorso umano è dotado del divino» [TdA]. ↩︎
- 2. SOTELO, ‘Memoriæ’, op. cit. «imaginada voz flamenca», «virtual instrumento de percusión» [TdA]. ↩︎
- 3. Una possibile traduzione di ‘entreverado’, termine preso in prestito dal chitarrista flamenco José Manuel
Cañizares il quale lo utilizza per riferirsi alla musica di Sotelo, cfr. RUTH PRIETO, ‘Entrevista con Cañizares’, Mauricio Sotelo, Proyecto Mauricio Sotelo, El Compositor habla [online], 2017.
https://www.elcompositorhabla.com/es/biblioteca-entrevistas/mauricio–sotelo_325.zhtm [ultima consultazione: 15 gennaio 2025]. ↩︎ - 4. Sull’attuazione del palinsesto in musica si consiglia di consultare i testi del compositore andaluso José
María Sánchez-Verdú, cfr. JOSÉ MARÍA SÁNCHEZ-VERDÚ, ‘La tradición como fuente para la creación musical actual. Comentarios sobre el uso de algunas tradiciones en mi obra’, Catálogo de la Academia Española de Historia, Arquitectura y Bellas Artes de Roma, 1997. ↩︎ - 5. VALENTE, ‘Antología…’, op. cit. ↩︎
- 6. JOSÉ ÁNGEL VALENTE, Poesía completa, Andrés Sánchez Robayna (ed.), Barcelona, Galaxia Gutenberg, 2014. L’antologia consultata precedentemente non raccoglie il poema in questione. ↩︎
- 7. VALENTE, ‘Antología…’, op. cit. ↩︎
- 8. ORDÓNEZ ESLAVA, ‘La creación musical de Mauricio…’, op. cit., p. 159. Si segnala che «è preciso tenere conto del valore che il cante flamenco acquista nel corpus poetico dell’autore di Orense, poiché, come egli [José Ángel Valente] afferma ‘Si canta verso l’interno del corpo e della voce, verso la entraña [le viscere] o – se si vuole utilizare un termine della mistica spagnola – verso lo entrañal [il viscerale]. Tale sarebbe il movimento verso il fondo o il jondo nel cantare [che: …] il cantaor, nel cante, canta o si canta verso l’interiorità, ci trascina verso essa. Canta verso il più intimo o addentrato di sé, con una voce che si precipita e si ritrae verso le più strette gole dell’anima» [TdA], parole tratte da JOSÉ ÁNGEL VALENTE, La experiencia abisal, Barcelona, Galaxia Gutenberg, 2004, p. 37. ↩︎
- 9. Sebbene nelle parole di Sotelo rivolte ad Artemis –che si possono estrapolare ad Audéeis– appaia anche una possibile allusione in francese ai versi di Baudelaire: «un rêve de pierre». ↩︎
- 10. Quelle sillabe ricevono il nome di bol, cfr. il punto di quest’analisi incentrato sul ritmo, pp. 36-41. ↩︎
- 11. GUILLERMO CASTRO BUENDÍA, ‘De playeras y seguidillas’, Sinfonía Virtual. Revista Gratuita de Música y Reflexión Musical, no. 22, enero, 2012, p. 59. «Utilizza questo autore [Manuel García Matos] indistintamente nei suoi testi i diversi termini ‘siguirilla’, ‘seguidilla’ e ‘seguiriya’ –oltre all’accennato ‘siguiriya’– per riferirsi al medesimo stilo flamenco» [TdA]. Nel caso di Audéeis troviamo ‘Siguiriya’ nei testi raccolti alla legenda iniziale del pezzo, mentre in partitura appare scritto ‘Seguiriya’. ↩︎
- 12. SOTELO, ‘Audéeis’, op. cit., p. 9. ↩︎
- 13. Francisco José Arcángel Ramos. ↩︎
- 14. Soprattuto nei casi in cui le tecniche utilizzate sono state tratte dall’estetica del compositore tedesco
Helmut Lachenmann. Sull’influenza della sua musica nella scrittura per archi di Mauricio Sotelo, cfr. Ma
CARMEN ANTEQUERA ANTEQUERA, Catalogación sistemática y análisis de las técnicas extendidas en el violín en los últimos treinta años del ámbito musical español, Universidad de la Rioja, Tesis doctoral, 2015. NB.: In un passaggio comune a entrambi i pezzi il termine ‘lirico’ che si utilizza in Audéeis (p. 23, b. 158) appariva in Artemis in tedesco: ‘lyrisch’ (p. 19, b. 158). ↩︎ - 15. MAURICIO SOTELO, Si después de morir…, UE 32 548, Viena, Universal Edition, 1999-2000. ↩︎
- 16. SOTELO, ‘Memoriæ’, op. cit. «Podríamos hablar del intento de crear un instrumento musical nuevo, sobre la base de una antigua praxis musical: el Flamenco. […] Un cuarteto de cuerda que se convierte en imaginada voz flamenca, pero también en virtual instrumento de percusión» [TdA]. ↩︎
- 17. ‘eterofonia’: «Questo termine viene utilizzato speso associato allo studio etnomusicologico per descrivere una variazione simultanea, sia accidentale che deliberata, di ciò che viene identificato come una stessa melodia, secondo Peter Cooke, ‘Heterophony’, in Grove Music Online» [TdA], cit. in ORDÓNEZ ESLAVA, ‘La creación musical de Mauricio…’, op. cit., pp. 195. ↩︎
- 18. Violino secondo approssimativamente alla doppia ottava riguardo alla voce del cantaor, mentre il violino
primo alla quinta o quarta acuta riguardo il profilo del violino secondo. Cfr. il punto di quest’analisi
incentrato sull’armonia, pp. 22-28, più nello specifico l’informazione relativa allo spettralismo. ↩︎ - 19. ‘hochetus’ (o ‘hoquetus’): «Espediente polifonico […], caratterizzato dalla spezzatura delle voci, mediante pause tra sillaba e sillaba (e con ricerca di contrattempo tra voce e voce), così da richiamare un effetto di singhiozzo (fr. hoquet)», in Treccani [online], https://www.treccani.it/enciclopedia/hochetus/ [ultima consultazione: 15 gennaio 2025]. ↩︎
- 20. Nel primo intervento del cantaor (p. 9, bb. 67-69) c’era ormai questa voce ‘nuda’, sebbene, dopo queste tre prime battute, si inizia il lavoro eterofonico accennato anteriormente. ↩︎
- 21. Cfr. il punto di quest’analisi incentrato sulla costruzione formale, pp. 42-46. ↩︎
- 22. Accenno costituito da una sorta di puntinismo –tramite articolazioni molto brevi nel quartetto– che viene
‘ondeggiato’ dal «fruscio marino» al quale fa riferimento il compositore madrileno, cfr. SOTELO, ‘Memoriæ’, op. cit. ↩︎ - 23. Cfr. il punto di quest’analisi incentrato sul ritmo, pp. 36-41. ↩︎
- 24. Oppure, in parole di Sotelo, «l’informe», cfr. SOTELO, ‘Memoriæ’, op. cit. ↩︎
- 25. Sarà trattato più avanti, cfr. i punti di quest’analisi incentrati sull’armonia e la melodia, pp. 22-28 e pp. 29- 35 rispettivamente. ↩︎
- 26. Cfr. il punto di quest’analisi incentrato sulla melodia, pp. 29-35. ↩︎
- 27. Per quanto riguarda il lavoro di trascrizione del cante di Enrique Morente in Audéeis cfr. il punto di
quest’analisi incentrato sulla melodia, pp. 29-35. ↩︎ - 28. Come la microtonalità e l’articolazione degli ‘spazi vocalici’ molto melismatici. ↩︎
- 29. SOTELO, ‘Audéeis’, op. cit. In legenda viene specificato: «suonare senza suono passando l’arco direttamente sulla sordina di legno mentre la mano sinistra smorza leggermente le corde» [TdA]. ↩︎
- 30. Ivi. In legenda viene specificato: «Situare il tensore metallico dell’arco sulla corda. Subito dopo di pizzicare/pizz. la corda con la mano sinistra, spostare il tensore con un movimento a forma di boccolo lungo la corda. Si sente un glissando acuto e metallico» [TdA]. Questa è una tecnica tratta dalla musica di Helmut Lachenmann, cfr. ANTEQUERA ANTEQUERA, ‘Catalogación sistemática…’, op. cit., pp. 115-116. «Lachenmann anche utilizza questa tecnica nella sua opera Tocattina o in Grido quartetto d’archi no. 3» [TdA]. ↩︎
- 31. SOTELO, ‘Degli Eroici Furori’, op. cit., p. 9. ↩︎
- 32. SOTELO, ‘Audéeis’, op. cit. ↩︎
- 33. SOTELO, ‘Luigi Nono o el…’, op. cit. ↩︎
- 34. Ivi, p. 25. «[…] las indicaciones del punto de fricción del arco –por otra parte más conocidas– pero en Nono con una función, junto a la dinámica, completamente distinta. Una función que podríamos llamarinterválica o microinterválica y no “tímbrica”, o no solamente tímbrica. En obras, por ejemplo, como Hay que caminar soñando, para dos violines, pueden oírse –además de distintas zonas del espectro armónico más fuertemente iluminadas que la propia nota fundamental, que en muchos casos desaparece– incluso pequeñas variaciones u oscilaciones microinterválicas, que ya no dependen tanto de la posición de la mano izquierda, como de la velocidad, cantidad, presión y posición del arco; elementos con los que el compositor llega a construir una verdadera “Skala-mikro”, sin necesidad de alterar el corpus diatónico-cromático […]» [TdA]. ↩︎
- 35. SOTELO, ‘Audéeis’, op. cit. In legenda viene specificato: «colpo del legno dell’arco sulle altezze indicate (punto di contatto) mentre la mano sinistra smorza leggermente le corde» [TdA]. ↩︎
- 36. Ivi. In legenda viene specificato: «suonare con i crini e il legno dell’arco» [TdA]. ↩︎
- 37. NB.: non si prevede un cambiamento d’arco, bensì l’utilizzo dell’arco moderno in modo di richiamare la
sonorità dell’arco barocco. ↩︎ - 38. Tranne all’intervento della voce nella bulería, dove non si specifica nessuna indicazione di dinamica
conferendo al cantaor una certa libertà interpretativa. Per quanto riguarda l’utilizzo ‘libero’ del flamenco
come ‘parti indipendenti’ nella musica di Sotelo, cfr. il punto di quest’analisi incentrato sulla melodia, pp.
29-35. ↩︎ - 39. Il fff articola il passaggio dal «rêve en pierre» (gli ultimi interventi del materiale percussivo del violoncello) alla «voce vibrante» (l’inizio della Seguiriya). ↩︎
- 40. Il ffff prepara il passaggio dal Quejío (la saturazione del quartetto d’archi che ‘richiama’ il ricordo comune: «ricorda!») al «rêve en pierre» (la bulería senza suono). ↩︎
- 41. SOTELO, ‘Luigi Nono o el…’, op. cit., p. 27. «En el endecasílabo de Valente podríamos encontrar la solución a uno de los ‘enigmas ’del cuarteto Fragmente-Stille, an Diotima […]. Nos referimos a los ‘calderones ’o ‘corone’, que misteriosamente pueblan las páginas de la obra. Escribe Nono al inicio de la partitura:|Le corone sempre da sentire diverse con libera fantasía. – di spazi sognanti – di stasi improvvise – di pensieri indicibili – di respiri tranquilli – e di silenzi da ‘cantare‘ ’intemporal’|«Se oye tan sólo una infinita escucha», podría, efectivamente, escribirse sobre cada una de las ‘corone’ que, como un espacio o vacío, dejan resonar ad infinitum los silencios o sonidos sobre los que en esta partitura reposan» [TdA]. ↩︎
- 42. ORDÓNEZ ESLAVA, ‘La creación musical de Mauricio…’, op. cit., p. 173. «deben entenderse como las pausas naturales que el cantaor dedica a la respiración» [TdA]. ↩︎
- 43. N.B.: In Audéeis (p. 9, b. 63), si può osservare la seguente stratificazione dinamica: ppp (suono ombra), pp intimo e pp intimo ‘in rilievo’. ↩︎
- 44. EDGARD VARÈSE & CHOU WEN-CHUNG. “The Liberation of Sound.” Perspectives of New Music, vol. 5, no. 1, 1966, pp. 11–19, p. 11. «would be differentiated by various timbres or colors and different loudnesses» [TdA]. ↩︎
- 45. ‘sintesi additiva’: «è il processo di sintetizzare nuovi complessi suoni tramite l’addizione di suoni semplici (solitamente onde sinusoidali) combinati insieme. Visto che i suoni sinusoidali puri hanno l’energia soltanto ad un’unica frequenza, essi sono gli elementi costruttivi fondamentali della sintesi additiva, ma
naturalmente si può sommare qualsiasi tipo di segnale. […] Affinché il timbro di un suono complesso
rimanga lo stesso quando le loro altezze cambino, ogni parziale deve mantenere il proprio rapporto con la
frequenza fondamentale. Stabilire la frequenza di ogni parziale in termini di una proporzione (ad esempio,
un moltiplicatore) riguardo alla frequenza fondamentale manterrà lo spettro del suono, persino quando la
frequenza fondamentale cambierà» [TdA], in Max MSP’s Synthesis Tutorial 1: Additive Synthesis [online].
https://docs.cycling74.com/legacy/max7/tutorials/06_synthesischapter01 [ultima consultazione: 15 gennaio
2025]. ↩︎ - CARLOSROJO DÍAZ, ‘Entrevista a Mauricio Sotelo II’, Cultura Resuena [online], 2017. «Me he apoyado mucho también en el trabajo espectral. Es decir, si estoy en re (por ejemplo, unos tangos en re) voy a utilizar el espectro de la tónica y el quinto, el re y el la. A partir de ahí empezaré a trabajar con filtros espectrales […]. Además, utilizo de una manera cuasi literal (literal/moderna/avanzada) las cadencias flamencas. […] Pero siempre integrado dentro de una armonía espectral» [TdA]. ↩︎