NdR: Inauguriamo con questa intervista, una nuova rubrica del nostro sito: GuitarOFF.
Come dice il titolo, sarà dedicata alle personalità e ai temi della musica contemporanea, ma al di là del mondo della chitarra.
Dopo questa breve intrusione, vi lasciamo all’intervista a Stanislas Pili e lo Spielplan di Mauricio Kagel
Mauricio Kagel (1931-2008) è stato uno dei compositori più influenti del XX secolo. Le sue opere hanno esplorato temi cruciali per l’evoluzione della pratica musicale e teatrale, attraverso la ricerca sonora, l’uso di oggetti insoliti e una scrittura scenica unica. Kagel ha spesso messo in discussione le convenzioni dell’avanguardia, mantenendo viva una costante tensione tra l’assurdo e il quotidiano. Tra le sue composizioni più rilevanti spicca Staatstheater (1967-1970), un’opera monumentale che sfida il concetto stesso di teatro musicale. Il sesto libro, Spielplan – Instrumentalmusik in Aktion, è composto da 42 pagine grafiche che richiedono l’uso di oggetti preparati e amplificati e prevede la possibilità di una versione “concertante”.
Stanislas Pili, João Calado e Andrea Zamengo si sono dedicati per mesi allo studio e all’interpretazione di questo lavoro, presentando una prima versione a Basilea, presso la Gare du Nord – Bahnof für Neue Musik, il 21 maggio 2024. In occasione di questo debutto, abbiamo intervistato per Guitar Off Stanislas Pili per approfondire le peculiarità di questo ambizioso progetto.
Stanislas, grazie per aver accettato la nostra proposta di intervista. Da dove è nata l’idea di dar vita a questo progetto?
Negli ultimi anni mi sono dedicato principalmente alla realizzazione di brani e spettacoli composti da me, ma volevo anche tornare a lavorare come interprete, cercando nel repertorio qualcosa che non era ancora stato approfondito. Consultando i sette volumi liberamente utilizzabili per realizzare lo spettacolo Staatstheater, ho notato che Spielplan è esplicitamente scritto per percussionisti ed è permesso eseguirlo in forma autonoma, senza integrarlo in un allestimento teatrale.
Ho trovato tra gli archivi scritti e online varie produzioni artistiche dedicate a Staatstheater in cui alcune pagine di Spielplan erano state inserite. Tuttavia non ho reperito notizia relativa ad un’esecuzione di Spielplan in versione indipendente, quindi si può ipotizzare che nessuno abbia mai realizzato questa opzione o, perlomeno, documentata. Forse una versione concertante di Spielplan non è mai stata considerata perché eclissata dal focus teatrale e visuale di Staatstheater che all’epoca aveva provocato scalpore. Al contrario Repertoire (1970), il primo volume di Staatstheater, è stato eseguito spesso in maniera autonoma sia da Kagel che da altri artisti internazionali. Anche Acustica – per generatori di suono sperimentali, sempre del 1970, scritto in modo simile a Spielplan, è stato anch’esso suonato e documentato varie volte.
Tuttavia Kagel era convinto di questa possibile interpretazione di Spielplan; presso gli archivi della Paul Sacher Stiftung di Basilea, ho letto una primissima versione della partitura, stampata come test dalla Universal Editions dove, stranamente, non compare la frase che indica la possibilità di una versione concertante. Kagel aveva dunque fatto correggere la pagina delle regole del brano, aggiungendo l’idea di una versione indipendente, tuttora presente in partitura.
Uno dei motivi che ci ha convinto a voler ricostruire Spielplan è la grande quantità di suoni che propone, considerato anche che il brano ha più di 50 anni. Semplicemente sfogliando le pagine del libro stupisce il numero di idee e tecniche sperimentali illustrate da Kagel. I miei amici João Calado e Andrea Zamengo, anch’essi interessati alla sperimentazione sonora, sono stati subito motivati per lanciarci insieme in questa avventura.
Anche se le regole permettono di fare una selezione tra le pagine, abbiamo deciso di suonare il brano nella sua integralità. La nostra missione era quella di esplorare il più profondamente possibile i materiali sonori proposti, isolandoli dagli elementi teatrali e scenici che avrebbero potuto influenzarne l’ascolto e l’arrangiamento strutturale.
All’interno del libro, Kagel specifica che ogni gesto deve essere eseguito una sola volta durante la performance. Questo comporta un continuo cambiamento di posizioni e scene, imponendo agli esecutori di aderire a regole precise. Quali sono state le principali difficoltà incontrate e come avete affrontato ogni scelta interpretativa?
In introduzione, un lungo catalogo (Instrumentarium) descrive i materiali e gli oggetti (generatori sonori) da avere. Successivamente, ognuna delle 42 pagine grafiche della partitura si focalizza su uno dei generatori sonori e propone:
– brevi estratti di scrittura musicale su pentagramma, chiamati Modell, forniscono esempi di come suonare gli strumenti;
– un disegno che rappresenta lo strumento da suonare;
– possibilità esecutive e sonore spiegate con frasi manoscritte.
Il susseguirsi delle pagine è a piacimento nonché la durata di ogni azione sonora. Tuttavia, come hai anticipato, non si può ripetere una pagina una volta terminata. Inoltre le varie pagine possono sovrapporsi, ma un esecutore può suonarne solo una alla volta.
Al contrario di alcuni brani di John Cage in cui è il caso che crea la struttura (sistemi aleatori, uso dell’I Ching etc…), Kagel specifica nelle pagine di Spielplan che tutto deve essere determinato in maniera precisa durante le prove ed il materiale deve essere usato con parsimonia per mantenere sempre alto l’interesse musicale e di conseguenza l’attenzione del pubblico. Per cui Kagel, non solo lascia all’esecutore la possibilità di creare una propria versione, ma ripone in lui un’importante responsabilità di arrangiatore.
E’ stato per noi un challenge accattivante unire l’aspetto esecutivo a quello creativo. Oltre ad apprendere a suonare in maniera adeguata i vari materiali, abbiamo dovuto determinare una struttura chiara, senza ripetizioni, che non suonasse come un banale catalogo e mantenesse alta la tensione musicale dall’inizio alla fine del concerto.
Ecco alcune soluzioni strutturali adottate nella nostra versione che dura in tutto 50 minuti:
- certe pagine sono suonate in contemporanea (ogni esecutore ne suona una) per vari minuti di seguito, creando delle scene musicali, pensate come dei movimenti che sezionano il concerto;
- in altri casi i performer suonano insieme la stessa pagina. Come ad esempio la numero 23 Klavierrahmen (telaio del pianoforte), che costituisce lei da sola una sorta di micro brano all’interno del concerto;
- altre pagine durano poco e sono usate come elementi di transizione tra sezioni musicali più lunghe.
Le pagine di Spielplan richiedono una ricerca sonora molto particolare, attraverso l’uso di strumenti preparati, oggetti modificati e suoni amplificati. Quali suoni vi hanno maggiormente colpito nel corso della vostra esplorazione e quali hanno caratterizzato le vostre scelte esecutive?
Appena iniziato il lavoro abbiamo avuto la conferma che dietro i 42 disegni e le poche spiegazioni manoscritte lasciate da Kagel si celava un universo sonoro estremamente vasto da esplorare.
Riscoprire i suoni di Spielplan è stata non solo la fase più divertente ma anche la più determinante del lavoro perché ha poi influenzato le scelte legate all’arrangiamento finale del brano. Ad esempio, ci siamo accorti che alcune pagine funzionavano bene se suonate in parallelo perché generavano suoni simili o, al contrario, offrivano elementi di contrasto che fungevano da contrappunto ad altri materiali.
Volevamo esaltare al massimo le possibilità sonore dell’opera, soprattutto sfruttando il fatto che Kagel propone l’utilizzo di microfoni a contatto e microfoni di altro tipo posizionati vicino agli strumenti.
Dopo aver collezionato e assemblato i vari materiali abbiamo testato uno strumento alla volta, monitorando i suoni in cuffia (mai in acustico) per valutare tutte le possibilità in funzione della microfonazione. Così, oltre a provare i vari effetti sonori che poteva produrre un oggetto, testavamo quale microfono usare e dove posizionarlo in maniera da catturare i suoni più intriganti.
Produrre suoni utilizzando uno strumento “strano“ proposto da Kagel non era sufficiente, bisognava esplorare tutte le opportunità esecutive, le sfumature, le preparazioni ed i possibili timbri dei generatori sonori che aveva ideato, così come si è fatto a livello accademico con gli strumenti convenzionali.
C’è stato un momento durante la performance in cui avete sentito la necessità di enfatizzare un gesto per permettere al pubblico di comprendere meglio la fonte sonora? Oppure avete preferito sorprendere gli spettatori, lasciando che scoprissero da soli da dove provenissero determinati suoni?
Kagel spiega che ogni azione deve essere “trasparente“, un performer suona un solo strumento alla volta, per cui il pubblico può facilmente individuare le varie fonti sonore in scena. Inoltre, nella nostra versione del brano, non abbiamo inserito nastri preregistrati (anche se Kagel lo consente), eccetto in brevi momenti in cui i performer attivano in scena dei rumori attraverso dei mangiacassette. Quindi ogni suono è prodotto dal vivo e ad ogni gesto corrisponde un suono.
Nel nostro dialogo emerge chiaramente l’importanza del suono. Come avete collaborato con il tecnico audio Maxime Le Saux per raggiungere risultati specifici?
Per il progetto Spielplan abbiamo lavorato con Maxime nella fase finale, durante le prove alla Gare du Nord.
Come accennato prima, abbiamo sempre studiato Spielplan usando i microfoni, elaborando sin da subito una chiara idea di sound design per il brano. Tuttavia, prima di poter montare tutti gli strumenti alla Gare du Nord, abbiamo lavorato in una piccola stanza senza poter usare degli speakers per ascoltarci, dovendo per forza lavorare in cuffia. Il challenge di Maxime è stato di bilanciare i suoni alla Gare du Nord, così come noi li avevamo sentiti in cuffia. Ciò non è stato sempre semplice perché alcuni strumenti suonavano iper amplificati in cuffia ma in sala perdevano di massa sonora rispetto ad altri (ad esempio i suoni ritmici prodotti da un’installazione di gocciolatori) ed in altri casi, certe frequenze risultavano troppo presenti in sala.
Da notare anche che alcuni microfoni erano piazzati dentro dei tubi; in cuffia, il suono era fantastico ma in sala partivano feedbacks e il margine di volume risultava troppo limitato rispetto ad altri strumenti. Per cui Maxime, oltre a gestire il live mix durante il concerto, ha dovuto trovare i giusti rimedi durante il sound check per trasporre alla Gare du Nord il sound design che avevamo creato durante la fase di studio.
Nel processo di di arrangiamento, ci sono stati gesti indicati in Spielplan che avete dovuto sacrificare per mantenere l’equilibrio complessivo della performance?
Più che sacrifici parlerei di compromessi, soprattutto a livello della strumentazione. Per questo progetto si è dovuto fare un lavoro filologico per ritrovare i componenti necessari a ricreare il brano. Kagel aveva a disposizione sia oggetti trovati nel fundus della Staatsoper Hambourg (dove si è svolta la premiere di Staatstheater) sia altri materiali personali che per noi non sempre è stato facile reperire in commercio in versione identica.
In certi casi abbiamo rielaborato delle informazioni fornite in partitura in maniera da garantire risultati sonori efficaci, risolvere i problemi di trasportabilità, gestire l’ingombro scenico e riuscire a realizzare tutto con il budget a disposizione.
Nella messa in scena di Staatstheater, così come in un carosello, è possibile far entrare e uscire dal palco gli strumenti ed i performer. In quel contesto, gli strumenti, anche se usati per produrre suono, acquisiscono anche una funzione scenografica ed in certi casi caricaturale. Noi ci siamo concentrati su una versione concertante di Spielplan in cui tutta la strumentazione rimane fissa in scena. Di conseguenza la nostra scelta dei materiali è stata sempre fatta in funzione della qualità del suono e non dell’aspetto visuale. Quando abbiamo analizzato le descrizioni di Kagel ci siamo sempre chiesti come uno strumento dovesse suonare piuttosto di come dovesse apparire.
Ad esempio, la partitura propone una gran cassa gigante con un fusto di 2,50 m di lunghezza e 1,60 m di diametro, preparata con dei cavi che escono dalla pelle (utilizzata anche in Saison, il quinto libro di Staatstheather). Per noi era difficile da costruire e prendeva molto spazio sul palco. Per questa versione alla Gare du Nord è stata rimpiazzata con una cassa più piccola, nell’interno della quale abbiamo posizionato un microfono e lavorato a lungo sull’equalizzazione dei bassi, sacrificando quindi il lato scenografico ma non l’effetto sonoro. Un altro esempio: sono richiesti dei lunghi tubi in PVC; noi abbiamo optato per un tubo idraulico per piscine, perché produce più armonici ed è arrotolabile per il trasporto.
In altri casi, al contrario, abbiamo ingrandito gli strumenti per questioni di suono: ad esempio, Kagel propone di collegare dei contenitori in latta con delle molle ma, dopo diversi tentativi, abbiamo scelto di montare le molle su dei tom da batteria ed infine amplificare il suono con dei microfoni a contatto posizionati sulle pelli. Questa soluzione ci ha permesso di ottenere riverberi più lunghi e bassi più profondi.
In altre pagine siamo stati estremamente fedeli: Kagel richiede la struttura metallica di un pianoforte a coda, difficile da ottenere perché, oltre ad avere un pianoforte a disposizione, bisogna avere la possibilità di smontare il mobile in legno, smantellando completamente lo strumento. Per nostra fortuna Andrea possedeva un pianoforte a coda che era già stato disassemblato per un altro progetto.
Sempre nel quadro di strumenti classici è richiesta una macchina del vento a cui va rimosso il telo superiore per poter applicare delle preparazioni sulle sue pale in legno. Una macchina del vento è uno strumento reperibile solo nei teatri d’opera e ha un costo altissimo. In questo caso è stato più conveniente per noi comprare il legno e costruire una nuova macchina del vento ad hoc per il progetto.
Questa ricerca sui generatori sonori sperimentali proposti da Kagel è un continuo work in progress che può evolvere in futuro.
Kagel è stato una figura centrale per la musica e il teatro d’avanguardia. Secondo te, cosa resta oggi del suo lavoro nel panorama del teatro musicale contemporaneo?
A mio parere Kagel è stato uno dei pionieri nella figura di compositore “crossmediale” che si dedica a creare musica in combinazione con elementi visuali e scenici di ogni tipo. Ha sempre voluto sperimentare nuove idee approfittando di tutti i possibili media a disposizione, in un’epoca in cui la tecnologia non era di facile accesso come ai giorni nostri. Possiamo ritrovare un approccio “transmediale” (suono, video, performance, messa in scena) nel lavoro di compositori contemporanei di rilievo (Simon Steen-Andersen, Brigitta Munterdorf, Alexander Schubert, Jennifer Walshe e Heiner Goebbles, giusto per citarne pochi) oltre che tra quello di giovani artisti di ultima generazione.
Ricordiamoci anche che Kagel, oltre alla sua produzione di brani cameristici e orchestrali, ha realizzato Hörspiel radiofonici e film sperimentali in cui esplora le relazioni tra suono e immagine.
E’ sicuramente tra i primi ad aver inserito elementi multimediali in un’unica partitura, trattandoli tutti in maniera musicale e non gerarchica. Un esempio è Camera Oscura del 1965 scritto per tape sonori spazializzati, tre performer in movimento su un ciclorama, tre performer che controllano videoproiettori ruotanti e tre performer che gestiscono degli spot di luce.
Nei suoi lavori di teatro musicale, o come da lui definito teatro strumentale, ha combinato azione sonora ed eventi gestuali, scenici e vocali. In queste esperienze era solito inserire anche momenti umoristici, parodici o autoreferenziali, elementi che, sebbene sviluppati in modo diverso, sono presenti in certe creazioni attuali di teatro musicale.
Oltre a dirigere e mettere in scena i propri lavori era spesso uno dei performer in scena, anticipando l’attuale figura del composer-performer. Questo aspetto si sviluppa anche in lavori come Staatstheater in cui l’interprete deve lavorare su un proprio arrangiamento del brano.
Kagel, con la sua mentalità eclettica, non si è cristallizzato su un solo atteggiamento artistico né su un unico linguaggio. Credo che una sintesi di questo approccio “caleidoscopico” esista anche nelle sue partiture dove esplora tecniche di scrittura divenute fondamentali per la produzione musicale attuale. Infatti, oltre ad utilizzare una rigorosa scrittura convenzionale, ha anche integrato disegni, regole che ricordano i giochi di ruolo, elementi grafici o ancora azioni descritte a parole su una tabella verticale (ad esempio Sur scène 1960). A volte, questi diversi modi di scrivere si mescolano in uno stesso pezzo, come ad esempio in Transition II del 1959 (per un pianista, un percussionista che suona le corde del pianoforte e due nastri) e nello stesso Spielplan, dove tre livelli di scrittura (convenzionale, grafica e descrittiva) convivono in ogni pagina del libro.
Anche se si tende a citare Kagel essenzialmente per il teatro musicale, io trovo che uno degli aspetti più sorprendenti e ancora fortemente attuali del suo lavoro siano le sue ricerche sonore e timbriche. Oltre ad aver lavorato sin dall’inizio della sua carriera con l’elettronica, è stato un innovatore nell’idea di sviluppare nuovi strumenti musicali, espandere o transfigurare quelli convenzionali ed esplorare nuove tecniche esecutive. Kagel inseriva istruzioni per realizzare dispositivi sonori analogici, spesso autocostruiti e realizzati con un approccio DIY. Ma non solo, si è interessato a strumenti di tradizioni extraeuropee (Exotica 1971) e persino a riutilizzare strumenti antichi (Musik für Renaissance-Instrumente 1966).
Infine, ciò che mi affascina in brani come Spielplan è che Kagel non si limita a far suonare strumenti preparati o in alternativa oggetti ready-made che producono rumore, ma va oltre, proponendo la preparazione dell’oggetto stesso, un approccio sviluppato da compositori odierni come ad esempio Michael Maierhof.
Dopo la presentazione alla Gare du Nord, avete in programma di continuare con questo progetto?
Certo! Stiamo organizzando dei concerti per il 2025 e il 2026 sia in Svizzera che in Europa. In parallelo, stiamo lavorando ad un disco, uno step indispensabile per completare il nostro lavoro su Spielplan.