
Segue da PARTE I
II La poetica musicale
In termini generali, la poetica di Scodanibbio, il compositore, può essere compresa secondo tre schemi. Il primo circoscrive l’idea di rinnovamento delle risorse strumentali, attraverso l’esplorazione di tecniche poco comuni di produzione sonora. Scodanibbio si avvale della sua esperienza con il contrabbasso per sviluppare meccanismi di esecuzione originali, accompagnati da operazioni compositive utilizzate dai compositori del suo tempo. Il secondo schema riguarda il meccanismo virtuosistico che funge da veicolo per lo sviluppo scritturale, in un passaggio continuo tra innovazione e tradizione. Il compositore non sfugge allo storicismo che permea la fine del XX secolo, ma lo filtra attraverso le esplorazioni del suo tempo. In questo punto sarebbe utile fare una parentesi per ricordare che la pratica musicale si è continuamente supportata dalla capacità inventiva dell’esecutore, non solo in quanto alla generazione di materiali sonori insoliti, ma anche per quanto riguarda la sistematizzazione e l’ottimizzazione delle risorse strumentali. Scodanibbio si appoggia alla vocalità come asse gravitazionale di quel virtuosismo tecnico connettore, formalizzandosi all’ombra dello spirito lirico della tradizione poetico-musicale dell’Occidente, nonostante ciò possa avvenire in forme vocali che si avvicinano ai canti rituali di civiltà più lontane dal suo spettro culturale di origine. La dimensione compositiva in cui probabilmente ha contribuito in modo più significativo, però, è nell’interesse rivolto al lavoro sulla corda: oggetto di studio acustico immediato e fonte apparentemente inesauribile di risorse espressive. Infine, tutti questi meccanismi poetici si concretizzano in alcune strategie compositive e formano un terzo schema poetico. In questo modo, l’improvvisazione come metodo di formalizzazione, la considerazione del corpo-strumento come dispositivo di ricerca creativa e l’approccio alle pratiche di tradizione orale, sono veicoli che permettono di arrivare a una riflessione teorica aggiornata, partendo dalla pratica musicale stessa.
Rinascimento strumentale
L’idea di “Rinascimento Strumentale” suggerisce la riattualizzazione della scrittura musicale attraverso la pratica strumentale, ispirandosi al momento storico situato tra i secoli XV e XVI, in cui le arti fiorirono in modo significativo in Europa, in particolare in Italia. Attraverso questo termine Scodanibbio avrebbe dato vita alla sua ricerca creativa.
Questo concetto si forgia attorno alle attività organizzate nel festival Rassegna di Nuova Musica, dedicato esclusivamente ai solisti. In pratica, si tratta di approfondire la creazione di opere per strumenti che erano rimasti ai margini delle esplorazioni avanguardistiche degli anni precedenti (trombone, tuba, percussioni, contrabbasso, per esempio). Un fenomeno storico della pratica musicale che, secondo Scodanibbio, assomigliava al periodo barocco per gli strumenti a corda.1 Infatti, Bañuelos sottolinea che parte del suo legame fraterno con il contrabbassista ha come origine il fatto di lavorare con strumenti con una situazione storica simile:
Io credo che lui sentisse molta affinità [con la chitarra] a partire dal contrabbasso. Sentivamo che erano strumenti, diciamo, “fratelli” in un certo senso. Perché erano come “anatroccoli brutti”. Erano i neofiti, che appena entravano nel mondo della musica contemporanea. Strumenti che erano, come direbbero ora: emergenti. E in questo senso, sì, c'era quella complicità e quella fratellanza tra quegli strumenti che stavano sorgendo e dovevano mostrare e dimostrare di avere risorse. Così potevano entrare nel Rinascimento strumentale. Il termine è molto bello.2
Come interprete, Scodanibbio si inserisce in questa ricerca di rinascita strumentale dal contrabbasso3, da dove sviluppa una riflessione secondo la quale il compito del compositore e dell’interprete è quello di tornare alla relazione intima, quasi amorosa, che è sempre esistita e che sottolinea la singolarità dell’opera. Di fronte alla decadenza delle avanguardie, ai loro tentativi di rottura con i dogmi e alla loro omogeneizzazione, Scodanibbio osserva una possibilità nella pluralità conciliatrice. Questa idea costruisce un ponte verso il post-modernismo di fine secolo, e ciò diventa evidente quando afferma che si deve “accettare le influenze e le reminiscenze, ricordare il nostro passato e le nostre emozioni4”. È in questo contesto ideologico che si inserisce l’idea del Rinascimento Strumentale.
D’altra parte, l’innovazione ricercata è opposta all’avanguardia tradizionale che dava priorità all’idea, al processo e al discorso: “La musica non è un teorema o una conferenza, e torna ad essere com’era prima, ma in nuove forme”.5 La risposta è implicitamente rivolta al serialismo integrale rappresentato dai principali compositori legati ai Darmstädter Ferienkurse: “Durante l’avanguardia, la musica era guidata da un’idea. C’era molta teoria e poca musica, e quindi si trasportavano alla musica concetti e idee di altre arti e scienze”.6 Il compito per lui era quello di integrare il compositore, l’interprete e l’ascoltatore: “In questo sentimento, credo che l’arte dell’avanguardia fosse un movimento frigido; invece oggi recuperiamo il piacere e la bellezza, e infine l’erotismo della musica”.7 L’esperienza musicale riguarda più una preoccupazione fisiologica e meno un esercizio puramente razionale; si tratta di vedere nello strumento un’altra possibilità: “La nuova e ampia letteratura solistica di questi anni mi pare la testimonianza di come lo strumento in sé sia la chiave di ricerca verso una possibile evoluzione musicale”.8
Tra innovazione e tradizione
Già abbiamo visto come i riferimenti ai maestri chitarristi del XIX secolo siano frequenti nell’immaginario di Scodanibbio, ma questo tipo di risonanze storiche si incarnano formalmente nelle sue opere. Nello spazio di conciliazione che consente il pensiero musicale della fine del XX secolo, il compositore deve confrontarsi con apparenti contraddizioni. Da un lato, ci sono i tentativi di mediazione con il passato dopo le rotture brusche e il radicalismo delle avanguardie della seconda metà del secolo. Dall’altro, la convivenza con esperienze che aprono lo spettro delle possibilità e portano il linguaggio musicale al limite, ai confini della creatività artistica.
Alla luce della storia
I fantasmi del XIX secolo appaiono nel modo in cui la vocalità del canto si trasfigura nella partitura. Il passaggio dall’espressione all’astrazione avviene attraverso il prisma del lirismo del bel canto. Alcune strategie formali impiegate da Scodanibbio ricordano il dispositivo lirico che si può trovare con una certa frequenza nella musica concertante del cosiddetto periodo Classico/Romantico, principalmente in Italia; ad esempio, quello che possiamo trovare in opere come la Sonata No. 6 in Mi minore, op. 3, M.S. 64, per violino e chitarra di Niccolò Paganini. In Alisei (1986), Scodanibbio utilizza i suoni armonici passando per un trattamento lirico di tipo ornamentale, in congiunzione a forme cadenzali. In questo senso, l’astrazione del materiale concreto trova uno spazio sensibile nella forma estetizzata del canto operistico ottocentesco, che coniuga a sua volta lirismo con lo sviluppo tecnico. È così che certe operazioni ereditate dal passato permettono di articolare l’evento musicale in opere come i Sei Studi (1983), per contrabbasso solo: raffiche melodiche e arabeschi armonici (Studio 1, “Joke”), arpeggi legati alla contemplazione di concatenazioni armoniche (Studio 2, “Dust”) o il riferimento programmatico ed extra-musicale (Studio 4, “Faraway”). Si può dire che, in un certo senso, Scodanibbio si avvicina a Giovanni Bottesini (1821-1889), virtuoso del contrabbasso del XIX secolo, che, cercando di ricollocare il suo strumento nella categoria di solista, ricorre al potenziale lirico del violoncello esplorando il registro acuto, cantabile, del contrabbasso.
E se questa osservazione fosse vera, la scrittura di Scodanibbio si allontanerebbe radicalmente dalle risorse avanguardistiche tradizionali del suo tempo. Ricordiamo ad esempio il rifiuto senza concessioni di Luigi Nono (1924-1990) nei confronti dell’uso di operazioni che potessero suggerire riferimenti alla “musica borghese”.9 Certo, questo è un punto di divergenza tra Scodanibbio e le generazioni del dopoguerra. Infatti, sotto l’ottica delle avanguardie tradizionali, la sua opera potrebbe essere percepita come uno sforzo di banalizzazione del materiale concreto attraverso strategie di percezione formale convenzionali.
All’ombra del contemporaneo
Nonostante l’eclettismo costante, l’opera di Scodanibbio lascia intravedere momenti di avvicinamento alla scrittura di Salvatore Sciarrino (1947-), compositore che esercita una forte influenza sui compositori di questo periodo. Un primo legame si trova nella concezione di “un suono prossimo all’inudibile”, il cui fine è interrogare aspetti relativi all’ascolto.10 Anche se non sempre, l’utilizzo degli armonici come materiale principale è un indicatore di questa ricerca. Nella “Voyage continued”, terza composizione di Voyage that never ends (1979-1997), Scodanibbio esplora queste relazioni di percezione. Un altro aspetto è la “pedagogia della forma” che in Sciarrino è legata al tema dell’ascolto11,e che in Scodanibbio si amalgama con l’idea di sviluppo progressivo del materiale sonoro, attraverso i componenti dell’improvvisazione. Nei Sei Studi (1981-1983), per contrabbasso solo, è possibile percepire chiaramente questo aspetto. Così, la trasfigurazione di forme ispirate alla tradizione classica, mirata alla costruzione di “organismi sonori”12 è uno degli elementi di concordanza tra i due compositori. In modo più epidermico, l’arsenale di percezione che Sciarrino esplora, come i suoni armonici in tremolo e glissando, o la combinazione multipla di timbri,13 in Scodanibbio si trasformano in oggetto del gioco strumentale e della combinatoria.
Il segreto della corda
La contribuzione estetica più originale di Scodanibbio potrebbe trovarsi in quello che possiamo chiamare il “segreto della corda”. In effetti, l’idea di Rinascimento Strumentale riprende il concetto di fioritura artistica che si è avuto tra i secoli XV e XVI, ma si fonda principalmente sul parallelismo con l’evoluzione della musica strumentale italiana durante il periodo barocco, in particolare allo sviluppo degli strumenti a corda nelle opere di Arcangelo Corelli (1653-1713) e Antonio Vivaldi (1678-1741)14. Cioè, l’idea di innovazione musicale proposta da Scodanibbio traccia una linea storica che attraversa gli ultimi cinquecento anni e si accentua in figure più recenti del contrabbasso come Domenico Carlo Maria Dragonetti (1763-1846), Giovanni Bottesini (1821-1889) fino ad arrivare a Fernando Grillo (1945-2013).
La riflessione del compositore Maurizio Pisati (1959-) riguardo a Scodanibbio sembra andare in questo senso quando sostiene che la singolarità della sua opera si trova nell’invenzione su “la corda” e afferma che: “Lì Stefano ha aperto un laboratorio che non ha mai chiuso”15. Da questa prospettiva, Pisati sottolinea che l’opera per chitarra di Scodanibbio entra immediatamente nella dimensione delle mani, non solo per la piena conoscenza delle corde accordate in quarte, ma, ancora di più, per il segreto della corda in sé16. Come vedremo più avanti, l’esplorazione quasi sistematica dei primi armonici naturali della chitarra in opere come Techne o Verano de Suerte consente di focalizzare un materiale sonoro poco referenziato in opere precedenti.
Non sembrano esserci precedenti nel ventesimo secolo, dall’applicazione di questo materiale in sezioni intere di un’opera come fecero Mauro Giuliani (1781-1829), in Otto Variazioni Op. 6 (1811), o Fernando Sor (1778-1839), in Étude Op. 29 no. 21 (1827)17. Ancora una volta si conferma che l’estetica di Scodanibbio fonda l’idea di innovazione percuotendo con gli elementi della tradizione e mobilitando una riflessione profonda sulla pratica strumentale nel contesto compositivo attuale.
Strategie compositive
Scodanibbio si servì di numerose risorse compositive per portare a termine le sue opere. Tuttavia, ce ne sono tre che sembrano emergere e illuminare aspetti della sua singolarità: l’improvvisazione come metodo di formalizzazione, la riflessione sul corpo del musicista in relazione allo strumento e, infine, l’ibridazione con musiche di tradizione orale.
L’improvvisazione
In un senso metaforico, l’improvvisazione è stata una delle configurazioni del viaggio per Scodanibbio. Sotto questa prospettiva, la creazione in situ sembra essere stata un mezzo per avventurarsi e dirigersi verso orizzonti poco visitati dalla scrittura tradizionale. Certo, è stata utile all’esplorazione di nuove possibilità strumentali in quanto laboratorio sonoro, ma è stata anche un metodo di formalizzazione: l’improvvisazione è stata intesa come un percorso procedurale verso l’idea artistica e l’esperienza sensibile. Come suggerisce il chitarrista Magnus Andersson (1956-), questa sembra essere stata la strategia più utilizzata nella composizione della sua opera per chitarra, in particolare in Dos Abismos18. Un altro esempio chiaro è nello Studio 6 “Farewell”, il cui sviluppo è apertamente fondato sull’improvvisazione, come sottolinea lo stesso compositore:
Questo studio è a carattere improvvisato. Vengono qui suggerite solo alcune frasi che possono essere ripetute, elaborate (fermo restando l’uso dei soli armonici pizz.) e alternate tra loro.19
Qui l’idea del gioco è implicitamente collegata. Dalla scrittura si propone la creazione inventiva di motivi sincopati, con cambi di ritmo costanti, in una sorta di caleidoscopio motivico: l’attacco a mani separate (sistema superiore mano sinistra, sistema inferiore mano destra) serve alla realizzazione degli armonici (materiale centrale), nel senso di un tamburo o di uno strumento a percussione metallico. Scodanibbio formalizza frasi in metriche binarie, ternarie semplici e complesse, non ripetute (3/8, 6/8, 13/16, 5/8, 4/8, 7/8, 8/8, 3/8). La strategia di questo Studio è semplice ma efficace, permettendo di creare un ambiente di percussioni con timbri complessi. Avvicinandosi all’esotismo referenziale che permea frequentemente la creazione occidentale, l’orientamento timbrico si dirige al suono di campane e timbri di percussioni di materiale metallico. In molte altre composizioni si può percepire questo ambiente fluido di movimenti melodici e timbrici spinti da uno stato di gradazione sequenziale, come nel caso di & Roll (2007), dove il materiale cambia nel divenire temporale.
Un’estensione del corpo e del pensiero musicale
In un testo intitolato « Una prolongación del cuerpo (el contrabajo)», pubblicato in Messico nel 1989, Stefano Scodanibbio e Gianfranco Leli condividono una riflessione attorno al corpo-musicale che permette di approfondire le idee riguardanti la poetica del loro tempo.20
Il punto di partenza è un approccio artistico in cui si sostiene l’idea secondo la quale la pratica strumentale procede da un’indagine sulle possibilità sonore dello strumento, passando per l’invenzione e lo sviluppo di una nuova tecnica, fondata su una consapevolezza teorica.21 Per questo si parte da due premesse che fanno del virtuosismo il punto di incontro tra l’interprete e il compositore. Da un lato, il pensiero compositivo formalizza nella partitura un meccanismo che porta al limite l’esecutore. Dall’altro, la prodezza dell’interprete si intende meno come un’ostentazione di abilità e più come “una tensione al limite, un forzare le facoltà umane, ritrovando in una prospettiva rinnovata, il senso del mezzo, la sua vera origine, il concetto di ‘virtù’”.22
È in questo contesto che si rafforza l’importanza dell’interprete nel processo di creazione, comprendendo lo strumento come una condizione storica, simbolica e al tempo stesso frammento del linguaggio musicale (partecipante nella pragmatica e nella sintassi)23. In questo modo, il contrabbasso contribuisce con le sue risorse specifiche: ampio corpo armonico, superficie di risonanza, infinite possibilità di registro (note molto gravi e armonici), offrendo possibilità di intervento in ognuna delle sue parti. Si riprende nuovamente l’idea della sensualità e della relazione amorosa tra il corpo dell’interprete e quello dello strumento, senza trascurare che le condizioni fisiche richiedono un’attenzione specifica all’ergonomia strumentale: economia dei movimenti, valorizzazione e preparazione degli attacchi e immobilità durante le pause-silenzio; condizioni che permettono di stabilire, nelle parole degli autori, un “contratto fisiologico” con lo strumento.24
Nel testo si riprende l’idea dello sciamano, dell’essere magico, del “mago”25. La metafora serve da argomento quando si pone in discussione l’esistenza di un impegno con la natura dello strumento, fondendo equilibratamente la fisiologia e il pensiero, il suono e il linguaggio. Il raggiungimento dell’interprete, in questo senso, è quello di “incantare l’ascoltatore”, facendo emanare “dal colloquio tra interprete e strumento […] un senso magico di incanto che non si riferisce più al virtuosismo”26. Mediante questa idea si fa un appello all’universo della poetica primitivista dove il contrabbasso diviene una cassa di risonanza “di primordiali lontananze, dal fondo di vibrazioni della caverna, trascinando una memoria dei gesti, del comportamento drammatico e rituale […]”27. Dichiarati elementi simbolici sono incorniciati in un contesto di esplorazioni nel campo denominato “teatro strumentale”, che probabilmente si riferisce al “teatro musicale”, dispositivo esplorato dai compositori dalla fine degli anni 1960 e che, a dire il vero, Luciano Berio (1925-2003) concepiva come una possibilità di rappresentazione di una realtà non estetizzata28. È in questa esplorazione drammatica che il contrabbasso (secondo le parole di Scodanibbio e Leli) trova la sua forma più compiuta, grazie al suo carattere coreografico e alla cui presenza “cattura, affascina, esige un’attenzione senza limiti per percepire il suono più fedele, per cogliere il gesto più piccolo”.29
Questa riflessione sul corpo, al contempo emancipatore e fonte di riflessione teorica, risuona in alcune poetiche del nostro tempo. Ricordiamo la ricerca del compositore Yann Robin (1974-), che si inquadra nell’organizzazione della materia sonora saturata per portarla fino ai limiti tecnici e fisici.30 Idea che si rafforza da quanto osservato dal contrabbassista Nicolas Crosse (1975-) riguardo all’importanza dell’engagement del corpo e dell’energia che questo proietta, elemento che i giovani compositori (secondo la sua opinione) spesso trascurano quando si tratta del contrabbasso.31 Ricordiamoci anche dell’idea di physicality che motiva il compositore Arthur Kampela (1960-) a indagare la relazione ergonomica e la capacità di incarnazione tra il corpo e lo strumento32; approccio che si avvicina a quello del compositore Samuel Cedillo (1981-), la cui opera restituisce l’idea di una partitura-dispositivo che consente l’incarnazione dell’azione sonora, per essere proiettata come una massa verso i sensi.33
Altre tradizioni e pratiche musicali
Non può non essere menzionato che l’idea stessa di Rinascimento Strumentale è alimentata da un’osservazione di altre tradizioni e pratiche. La ricerca di innovazioni attraverso la via strumentale passa per l’appropriazione di risorse provenienti da altre fonti creative, ma non necessariamente quelle che potrebbero sembrare le più evidenti. La tentazione di collegare il lavoro artistico di Stefano Scodanibbio con, ad esempio, Charles Mingus (1922-1979) o Jaco Pastorius (1951-1997) è forte, eppure non sembra essere in questo modo che si possa comprendere il fenomeno dell’ibridazione. A quanto pare, la relazione si trova in riferimenti piuttosto legati alla cultura sonora ambientale del suo tempo e che avrebbero conseguenze nel modo di concepire il suono dello strumento stesso.
Si è scritto del possibile legame di Scodanibbio con figure del contrabbasso in pratiche come il jazz, in particolare Charles Mingus (1922-1979), che morì nella stessa regione del Messico dove Scodanibbio decise di trascorrere i suoi ultimi giorni.34 Al di là degli aspetti aneddotici e delle speculazioni descritte in queste fonti, è certo che Scodanibbio menziona il contrabbassista statunitense in un’unica occasione nelle sue memorie. Lo fa in un breve scritto nel suo diario, a Cuernavaca, Messico, il 18 ottobre 2010, ovvero a pochi mesi dalla sua morte. In questo testo, Scodanibbio descrive un ambiente bello attorno a sé, ma un’atmosfera interna cupa, probabilmente a causa delle gravi condizioni di salute :
Le prime due settimane messicane tra i soliti pensieri neri, poche angosce dovute più che altro all’instabilità di Maresa, molti incantamenti nel Giardino dovuti questi al Gabapentin senz’altro ma anche al “tempo messicano”. Questa casa mi piace, un po’ come l’immaginavo: fascinosa, vecchiotta, piena di colori e anche bei quadri di Jody, con lo studio luminoso, la camera ombrosa, il giardino che è un Douanier vivente. Come Mingus?”.35
In realtà, la pista che permette di comprendere il legame tra Scodanibbio e altre tradizioni musicali si trova su un piano più ampio della cultura sonora:
D’altro lato, non posso ignorare totalmente ciò che è successo in questo secolo, non solo musicalmente…come se da Brahms a Ferneyhough non fosse successo nulla sopra il pentagramma. Non posso continuare pensando come se il jazz non fosse esistito, come se la musica indù non fosse giunta nelle nostre sale da concerto, come se il rock non bombardasse le orecchie di ciascuno negli spazi pubblici. Non posso continuare ignorando i contributi fondamentali che certi artisti, al di fuori della musica colta “europea” ci hanno apportato. Penso all’importanza, per l’evoluzione della chitarra, di un musicista come Jimi Hendrix, o a quella di Jaco Pastorius per l’evoluzione del basso. Non posso pensare alla voce senza pensare a João Gilberto o ai grandi cantanti jazz. Penso a Ram Narayan come a uno dei grandi musicisti viventi, che possiede una straordinaria tecnica dell’arco. Penso a come si è potuti arrivare che il Sarangi, strumento di accompagnamento musicale del Nord dell’India, si sia convertito in uno strumento solista che canta come il violoncello, o talvolta meglio.
Tutti questi e molti formano parte del mio universo sonoro, prima che musicale.36
La frase categorica che conclude questo frammento consente di comprendere che la maggiore influenza di queste pratiche risiede nella cultura sonora del presente. In questo stesso senso, si ricordi la prospettiva pedagogica delle pratiche di tradizione orale che testimonia il compositore Fausto Romitelli (1963-2004) riguardo al suo ambiente sonoro. Non si tratta solo di un interesse per l’universo degli apparecchi amplificati della sua epoca (radio, televisione, ecc.), ma di un’assimilazione delle pratiche di musicisti come Jimi Hendrix e Aphex Twin; dal quale Romitelli estrae la lezione di una ricerca sul suono elettroacustico e l’idea di processi sonori e interferenze.37
Tra i possibili riferimenti, due si distinguono per il loro legame con le pratiche della tradizione orale. La prima strategia si basa sull’esplorazione strumentale attraverso l’improvvisazione, con il suono elettroacustico come fulcro centrale. In & Roll (2007), brano per contrabbasso solo composto nel contesto di una musica pensata per il teatro38, il richiamo a Foxy Lady (1967) di Jimi Hendrix (1942-1970) consente a Scodanibbio di indagare il suono strumentale in due direzioni principali. Da un lato, si anticipa l’idea di imitare il suono elettroacustico, in particolare quello della chitarra elettrica con effetto di distorsione, attraverso un mezzo di natura acustica. Questo risultato si ottiene grazie all’enfasi sullo spettro delle frequenze fondamentali mediante l’uso strategico dell’arco (posizione dell’arco, intervalli dissonanti su corde simultanee, attacchi percussivi con l’avorio dell’arco, ecc.) e alla preparazione dello strumento per generare suoni-rumore simili al materiale elettrico. Tali strategie rafforzano l’approccio all’improvvisazione attraverso processi di trasformazione graduale del suono, basati sulla ripetizione del riff caratteristico della canzone. Un altro esempio di questa operazione è udibile in “Voyage Started” e “Voyage Continued”, primo e terzo movimento di Voyage that never ends (1979-1997). Per quanto riguarda la seconda strategia, si tratta dell’esplorazione della ripetizione modulare secondo i principi di improvvisazione menzionati in precedenza. In & Roll, il virtuosismo strumentale traccia un percorso che combina esercizio tecnico ed esplorazione sonora strumentale in situ.39 In altre parole, l’interprete si trasforma nel creatore del materiale sonoro che emerge, innescando un ciclo continuo tra produzione del suono, ascolto e ripetizione. Questo processo si rigenera costantemente, dando vita a una forma musicale priva di prescrizioni rigide, caratterizzata da fluidità e flessibilità, e conducendo all’invenzione di un nuovo linguaggio strumentale40. Un riferimento emblematico può essere il concerto di Jimi Hendrix a Stoccolma, Svezia, nel 1969, in particolare durante l’esecuzione di Sunshine Of Your Love (1967). Attorno al riff centrale, Hendrix esplora diverse qualità timbriche della chitarra, intervenendo sul pick-up, manipolando i potenziometri per filtrare il suono e impiegando tecniche che spaziano dall’uso del plettro alla percussione diretta sulle corde. Il legame di Scodanibbio con le pratiche della tradizione orale risiede proprio in questa esplorazione emancipata da ogni calcolo predeterminato, attraverso processi di improvvisazione e l’uso di variazioni modulari.
- 1. Stefano Scodanibbio, Giorgio Agamben et Maresa Scodanibbio, « Sul Rinascimento strumentale », in Non abbastanza per me: scritti e taccuini, Macerata : Quodlibet, 2019 (In ottavo, 29), p. 34‑38. ↩︎
- 2. Bañuelos, op. cit. (nota). ↩︎
- 3. Estrada, op. cit. (nota), p. 29. ↩︎
- 4. Scodanibbio et al., op. cit. (nota), p. 35. ↩︎
- 5. Ibid. ↩︎
- 6. Ibid. ↩︎
- 7. Ibid. ↩︎
- 8. Ibid., p. 38. ↩︎
- 9. Testimonianza di Helmut Lachenmann nel 2019, nell’ambito di una masterclass di composizione a Tel Aviv, Israele. In essa, racconta come Nono considerasse il trillo una tecnica propriamente “borghese”. ↩︎
- 10. Grazia Gracco, « Salvatore Sciarrino : vers une écologie de l’écoute », in Théories de la composition au XXe siècle, Paris, France : Symétrie, 2013 (vol. 2/2), p. 1716. ↩︎
- 11. Ibid., p. 1717. ↩︎
- 12. Ibid., p. 1719. ↩︎
- 13. Ibid., p. 1726. ↩︎
- 14. Storia della musica, 3a edizione, Torino : Giulio Einaudi editore, 2019 (Piccola biblioteca Einaudi), p. 159. ↩︎
- 15. Maurizio Pisati, Intervista a Maurizio Pisati: l’opera per chitarra di Stefano Scodanibbio, 2023, Questionario. ↩︎
- 16. Ibid. ↩︎
- 17. Seth Josel et Ming Tsao (dir.), The techniques of guitar playing, Kassel Basel : Bärenreiter, 2014, p. 108‑109. ↩︎
- 18. Magnus Andersson, Intervista a Magnus Andersson: l’opera per chitarra di Stefano Scodanibbio, 2023, Questionario. ↩︎
- 19. Stefano Scodanibbio, Sei Studi, Manoscritto(copia), 1983. ↩︎
- 20. Stefano Scodanibbio et Gianfranco Leli, « Una prolongación del cuerpo (el contrabajo) », in Nuevas Técnicas Instrumentales: flauta, oboe, clarinete, arpa, cuerdas, contrabajo, guitarra, tradotto da Magolo Cárdenas, México : Conaculta, INBA, Cenidim, 1989, p. 112‑114. ↩︎
- 21. Ibid., p. 112. ↩︎
- 22. Ibid., p. 112‑113. ↩︎
- 23. Ibid., p. 113. ↩︎
- 24. Ibid., p. 114. ↩︎
- 25. Ibid ↩︎
- 26. Ibid ↩︎
- 27. Ibid ↩︎
- 28. Luciano Berio, Angela Ida De Benedictis e Giorgio Pestelli, « Problemi di teatro musicale », in Scritti sulla musica, Torino : Einaudi, 2013 (Piccola biblioteca Einaudi, N.S., 608), p. 42‑49. ↩︎
- 29. Scodanibbio et Leli, op. cit. (nota), p. 114. ↩︎
- 30. Jéremie Szpirglas, « Entretien avec Yann Robin et Nicolas Crosse », Ensemble intercontemporain, 2 novembre 2014. URL :https://www.ensembleintercontemporain.com/fr/2014/11/entretien-avec-yann-robin-et-nicolas-crosse/Consultato il 6 settembre 2024. ↩︎
- 31. Testimonianza presa da un incontro con il contrabbassista a Parigi, 2 aprile 2024. ↩︎
- 32. Arthur Kampela, Arthur Kampela : Lenguajes modernos de la guitarra II, Videoconferenza presentata da Arthur Kampela : Lenguajes modernos de la guitarra II, Università di Guanajuato, 10 giugno 2020. URL : https://www.youtube.com/watch?v=Hw-CNRwH5dY. Consultato il 5 agosto 2024. ↩︎
- 33. Iván Adriano Zetina, Prologue à Machine Parlante : notes sur la création musicale mexicaine, Conferenza pre-concerto Machine Parlante, Grand Salon, Fondation Satsuma-Maison du Japon, CIUP, Parigi, Francia, 11 ottobre 2019. ↩︎
- 34. Paolo Gironimo di, « Mingus y Scodanibbio: los dos volcanes del contrabajo », πlacremus: perspectiva interdisciplinaria del laboratorio de creación musical, tradotto da Julio Estrada, 2016, p. 15‑23. ↩︎
- 35. Scodanibbio et al., op. cit. (nota), p. 263. ↩︎
- 36. Ibid., p. 36. ↩︎
- 37. Eric Denut, « Produire un écart : entretien avec Fausto Romitelli », en Musiques actuelles, musique savante : quelles interactions ?, Paris, France : L’Harmattan : L’Itinéraire, 2003, p. 74. ↩︎
- 38. Stefano Scodanibbio, Giorgio Agamben et Maresa Scodanibbio, Non abbastanza per me: scritti e taccuini, Macerata : Quodlibet, 2019 (In ottavo, 29), p. 292. ↩︎
- 39. Riferimento: Stefano Scodanibbio: & Roll (2007), 9:10, Accademia di Musica Oslo – Norvegia 19 novembre 2009, video pubblicato nel 2010. URL : https://www.youtube.com/watch?v=OFQj1AR2YP4. Consultato le 3 mai 2024. ↩︎
- 40. Si osservi il seguente video: https://www.youtube.com/watch?v=E7LCiaixhtI. In questo frammento si può apprezzare il modo in cui Scodanibbio si muove tra improvvisazione e scrittura, produzione sonora e ascolto, creazione del materiale e la sua formalizzazione, orientando nuovamente così l’idea di virtuosismo strumentale. Lo schema di & Roll, che funge da partitura, conferma il movimento pendolare tra determinazione e libertà nella scrittura musicale. ↩︎